Il partito di Vendola «non sosterrà le riforme costituzionali frutto dell’accordo fra Renzi e Berlusconi», in altre parole Sel non farà da stampella all’accordo targata Pd-Fi nel caso – improbabile per la verità – in cui l’ex cavaliere si sfilasse. Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel (e uno dei più esposti sostenitori della lista L’altra Europa per Tsipras) chiarisce la posizione del suo partito. Su Repubblica campeggia un titolo sul «Piano B» di Renzi: il cambio di maggioranza nel caso in cui, dopo il 10 aprile, alle riforme vengano a mancare i voti forzisti. Questa del «Piano B» è un’idea riferita da qualche renziano, pronto anche a giurare che Sel voterebbe il ddl costituzionale in cambio di qualche aggiustamento. E persino l’Italicum, in cambio della clausola di salvataggio del miglior perdente fra i partiti coalizzati che non raggiungono il 4,5%. Una mossa win-win: Renzi porta a casa i suoi provvedimenti, la sinistra riaggancia il Pd e riapre il cantiere del centrosinistra in parlamento. «Fantasie», liquidano i vendoliani. Spiega Fratoianni che domenica l’assemblea nazionale di Sel «ha assunto un documento molto chiaro sulle riforme». Che semmai va incontro al documento alternativo dei 22 democratici capitanati da Vannino Chiti. Dice sì al superamento del bicameralismo perfetto, ma respinge «un’elezione di secondo livello che veda sei rappresentanti di ogni regione prescindendo dalla popolazione, più 21 nominati dal Presidente della Repubblica (cosa che trasformerebbe il Quirinale in una sorta di partito politico che non si presenta alle elezioni)». Sul combinato Italicum-nuovo senato Vendola non è tenero: «Una riduzione secca degli spazi di democrazia».

Ma i boatos di conio renziano svelano una difficoltà reale che vive in queste settimane il partito di Vendola. Alla vigilia del test europeo, i rapporti con Renzi sono freddini. Il 25 maggio Sel chiamerà i suoi elettori a votare da avversari del Pd alle europee, ma anche da alleati in gran parte dei 4200 comuni che rinnovano i sindaci, nonché alle regionali di Piemonte e Abruzzo. Una posizione non facile che Vendola, in una riunione a porte chiuse, ha definito per di più complicata «dal fatto che in qualche realtà locale siamo percepiti e in effetti ci muoviamo come un’articolazione interna al Pd. A volte per il Pd se Sel non ci fosse andrebbe inventata ad uso dei suoi conflitti interni». Autoanalisi severa per un partito che scommette molto, se non tutto, sul successo della lista Tsipras. Contro un Pd che scommette invece sul flop della sinistra, e prova a occuparne lo spazio («l’altra Europa» è diventato uno slogan anche renziano).

Quanto alle amministrative, gli ultimi accordi si chiudono in questi giorni. «Al 70 per cento andiamo in coalizione, al 30 ci candidiamo autonomamente o con liste unitarie di sinistra», spiega Daniela Santroni, responsabile del delicato dossier enti locali.

Il luogo simbolo dell’incomunicabilità con il premier è proprio Firenze, dove Sel era all’opposizione di Renzi e resta all’opposizione del futuro sindaco Dario Nardella. «Abbiamo chiesto di confrontarci, ci ha spiegato che la sua giunta sarà in totale ’continuità’. Nessun ripensamento per lui, quindi neanche per noi». Il candidato di Sel, Prc e movimenti, sarà dunque Tommaso Grassi, già capogruppo a Palazzo Vecchio. A Ferrara l’alleanza è fatta: ma domenica all’assemblea di Roma c’è chi ha chiesto di ripensarci: il Pd imbarca una lista civica promossa dall’ex candidato sindaco Pdl e zeppa di notabili di destra. Stesso problema in Abruzzo. L’alleanza c’è, ma il (discusso, anche nel Pd) candidato governatore Luciano D’Alfonso arruola persino un ex assessore Pdl.

Liste unitarie a sinistra in buona parte delle Marche: finirà probabilmente così a Osimo e a Urbino (ma a Fano e Pesaro sia Sel e che il Prc sono nel centrosinistra). Spiega Santroni: «Nel rapporto con il Pd abbiamo rilevato due problemi nuovi. L’allargamento al centro dell’alleanza, spesso senza necessità aritmetiche; e l’uso delle primarie a seconda della convenienza». Come a Foligno: dove il Pd non le ha volute, («per paura dei conflitti interni», ma ha imbarcato anche Prc e Udc), e Sel è ha finito per candidare l’ex assessora alla cultura Betta Piccolotti.