Siamo dentro un passaggio politico intricato, un doppio passaggio che riguarda la politica interna e il riflesso che essa avrà in Europa. Tanto l’Italia quanto l’Europa attraversano la crisi senza aver messo in atto politiche alternative a quelle liberiste e fallimentari alla base della crisi stessa. Quando oggi discutiamo di scenari di governo e di come presentarci alle europee, dobbiamo sapere che per noi questo è il punto: come metterci dietro le spalle le politiche neoliberiste che hanno assegnato all’Italia il primato di paese delle diseguaglianze sociali e che in Europa stanno disgregando la base delle istituzioni comunitarie. E come mettere in campo politiche alternative sul terreno dei contenuti sociali e dell’efficacia. Qui si gioca la nostra funzione, la nostra autonomia, la capacità di praticare una diversa via d’uscita dalla crisi. Al congresso abbiamo discusso di quale Europa vogliamo, partendo da un punto condiviso: che la politica europea va rivista alla radice. Non scorgiamo traccia di qualcosa di simile nel panorama politico italiano, se non la pallida correzione di politiche che hanno comunque come presupposto l’austerità e il rigore bancario. Quando si discute la nostra decisione di aderire alla lista ispirata da Alexis Tsipras si deve considerare che questa scelta è frutto non di uno schieramento ma di un’idea di governo diverso dell’Europa: new deal sulla base di un piano di investimenti pubblici, separazione delle attività commerciali delle banche europee da quelle di investimento e di credito, ruolo della Bce come banca centrale che interviene verso gli stati, conferenza europea per decidere del debito. Mi chiedo come questi punti possano non riguardare la prospettiva della famiglia del Pse e dello stesso Martin Schulz se vuole evitare il continuismo delle politiche d’austerità.

Senza nasconderci le difficoltà dell’impresa, è aperto a sinistra uno spazio dentro cui intendiamo compiere un percorso non obbligato ma giusto. Sel dovrà affrontare questa prova da protagonista in una dinamica plurale, senza restare ai margini né sospesa, in attesa. E per quanto il tempo stringa non potrà mancare per noi quel luogo della verifica, dell’ascolto reciproco che potrà solo far bene all’individuazione delle migliori candidature per garantire un consenso e un successo, reso oggi più necessario proprio da quel che si sta compiendo in queste ore in Italia con il cambio del governo. La direzione del Pd ci consegna un nuovo premier in continuità con la stessa maggioranza e su un programma aleatorio e indefinito. Al tempo stesso punta a far sì che il nuovo governo sia di legislatura. Abbiamo contrastato dall’opposizione il governo delle larghe intese, incapace per sua natura di mettere in campo proposte di contrasto alla crisi sui nodi più stringenti dell’emergenza sociale. Non ne abbiamo, com’è evidente, alcun rimpianto.

Ma se l’esito fosse il compimento della legislatura con un governo costituito dalla stessa maggioranza di prima ci troveremmo al brusco passaggio delle larghe intese da logica di “emergenza” a strategia di lungo periodo intrapresa dal Pd. Ma è per noi evidente che la costruzione del campo del centrosinistra in Italia può avvenire solo a partire dall’essere quel campo alternativo alla destra, alle sue politiche, alle sue pratiche di governo e alla sua idea di società. La virata di Renzi non ci coglie sorpresi e impreparati. Ché mettere mano alla sinistra in Italia, dopo le macerie nelle quali era rovinata, volesse dire costruire l’alternativa è la ragione stessa per cui siamo nati. Lì noi siamo.

*deputato di Sel