Nell’Economic Outlook semestrale l’Ocse ha previsto che una nuova ondata del Covid 19 in autunno il Prodotto interno lordo (Pil) italiano potrebbe crollare del 14% nel 2020 prima di risalire del 5,3% nel 2021. In caso contrario, il Pil potrebbe calare «solo» dell’11,3% nel 2020 e risalire del 7,7% nel 2021. Nel primo caso ci sarebbe un aumento record del debito pubblico al 169,9%; nel secondo caso al 134,8%.

È uno scenario peggiore di quello prospettato dalla Banca d’Italia che ha stimato, nella prospettiva migliore, un Pil a -9% . In quella più severa, meno 13%. Crollano anche la Francia (-11,4% e -14,1%) e la Spagna (-11,1%, -14,4%), come il Pil mondiale: meno 6%.

Con una seconda ondata di contagi in autunno del 7,6%. «Ci troviamo in piena crisi mondiale, una crisi sanitaria, economica e sociale. È la crisi più grave che nessuno di noi abbia mai conosciuto» ha detto Miguel Angel Gurria, segretario generale dell’Ocse. Il Pil pro capite in termini reali arretrerà di quasi 30 anni. Viviamo nel 2020 come nel 1993.

Il rimbalzo del 2021 previsto anche dall’Ocse andrà considerato come un saldo della perdita avvenuta quest’anno. Per recuperare il livello di un’economia stagnante già nel 2019 occorrerà una crescita prolungata pluriennale difficile da prevedere. Va inoltre considerato il fatto che l’Italia e non si era ancora ripresa dalla crisi finanziaria di dodici anni fa.

[do action=”citazione”]Nel 2019 il Pil reale pro capite italiano era ai livelli del 2000. La ripresa, quando ci sarà, manterrà l’orologio indietro di vent’anni rispetto a quella che dovrebbe essere un’accumulazione capitalistica ideale. [/do]

«Non è il momento di applicare le regole sul debito strettamente alla lettera – ha detto Gurria – Non dobbiamo focalizzarci sulle regole come quella del 3% del deficit nell’Unione europea”. La capoeconomista dell’Ocse Laurence Boone ha invitato a non confondere la definizione del livello del debito «nei conti nazionali» con quella di Maastricht, perché « può portare a confusione».

«La pandemia ha colpito i paesi in modo tale che tutti conoscono un innalzamento del rapporto debito/Pil dell’ordine di 20 punti e l’Italia non fa eccezione». Il piano di rilancio europeo (Recovery fund) «è concepito per rispondere alle divergenze economiche causate dalla pandemia, è fatto da doni e sovvenzioni e non appesantisce il debito nazionale».

Dopo la Commissione Europea anche l’Ocse ha chiesto al governo di estendere l’accesso al cosiddetto «reddito di cittadinanza» per sostenere la domanda e impedire l’aumento di precarietà, inattività e disoccupazione. Di solito queste richieste sono sempre collegate a una politica attiva del lavoro o agli «obblighi» di accettare attività improvvisate, e di sostituzione della manodopera come ha fatto il «decreto rilancio» con il lavoro nei campi.

L’esecutivo, al momento, non intende nemmeno ascoltare le campagne che chiedono l’estensione senza vincoli del reddito e riforma universale del Welfare ed esclude la riforma di un pericoloso strumento di coazione che prevederà per almeno un milione di persone l’obbligo al lavoro volontario, o pagato simbolicamente, fino a 16 ore a settimana e alla mobilità anche su tutto il territorio nazionale.

Il sistema di bonus occasionali per partite Iva e parasubordinati, e il reddito di emergenza di due mesi per i poverissimi, termineranno entro la metà dell’estate. Questo sarà un drammatico acceleratore della crisi. La cieca fede nella «ripartenza» degli automatismi inesistenti del mercato ha obnubilato la politica italiana. Le vittime sono milioni di persone.