Via libera al richiamo con AstraZeneca anche negli under 60 che, dopo avere ricevuto la prima dose, rifiutano il mix con un prodotto a mRna (Pfizer o Moderna): è il parere del Comitato tecnico scientifico, comunicato in conferenza stampa dal premier Draghi venerdì. «C’è da considerare il beneficio derivante dall’annullamento del rischio connesso alla parziale protezione conferita dalla somministrazione di una singola dose di Vaxzevria» scrive il Cts. Il pericolo, cioè, che il vaccinato non si sottoponga alla seconda dose per timore dello schema eterologo.

INOLTRE, I FENOMENI tromboembolici sono minori dopo la somministrazione del richiamo di AstraZeneca: «Secondo stime provenienti dal Regno Unito – si legge nel parere – sono pari a 1,3 casi per milione, meno di un decimo dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose». Secondo quanto riferito dal direttore generale di Aifa, in Italia, non sono stati registrati casi di Vitt (trombocitopenia ndr) dopo la seconda somministrazione di AstraZeneca.

Il Cts ha quindi ribadito «la raccomandazione all’utilizzo di un vaccino a mRna nei soggetti di età inferiore ai 60 anni». Al secondo punto del parere ricorda appunto che «i fenomeni tromboembolici sono meno frequentemente osservati dopo somministrazione della seconda dose» di AstraZeneca. Terzo, «sulla base delle evidenze disponibili, la protezione conferita da una singola dose di vaccino AstraZeneca è parziale, venendo assai significativamente incrementata dalla somministrazione di una seconda dose». Per poi avvisare: «I rischi connessi alla parziale protezione possono assumere ulteriore pericolosità in contesti epidemiologici caratterizzati da elevata circolazione di varianti quali la Delta» (ex indiana).

INFINE, IL VACCINO AstraZeneca è approvato dalle agenzie regolatorie europea e italiana (Ema e Aifa) per i soggetti al di sopra dei 18 anni e quindi resta la possibilità di iniettarlo. Qualora un soggetto di età compresa tra i 18 e 59 anni «rifiuti senza possibilità di convincimento il crossing a vaccino a mRna – si legge nella circolare firmata dal direttore generale della prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza -, nell’ambito delle indicazioni che provengono dalle autorità sanitarie e dopo acquisizione di adeguato consenso informato, debba essere garantita l’autonomia nelle scelte che riguardano la salute dell’individuo». L’obiettivo è far completare il ciclo. Si teme infatti quello che sta accadendo nel Regno unito, dove si è puntato su una dose sola a quante più persone possibile e adesso si fanno di nuovo i conti con le varianti perché non sufficientemente coperti. Ci sono poi gli over 60 che hanno ricevuto la prima con Astrazeneca e adesso chiedono il richiamo con Pfizer: sarà necessario il consenso del proprio medico.

SUL VACCINO MONODOSE Johnson&Johnson, pure a vettore virale, l’indicazione del Cts è raccomandarlo «per soggetti di età superiore ai 60 anni, anche alla luce di quanto definito dalla Commissione tecnico scientifica di Aifa». Il Comitato tecnico scientifico aggiunge: «In assenza di altre opzioni, andrebbe preferenzialmente utilizzato, previo parere del Comitato etico competente, in determinate circostanze come ad esempio popolazioni non stanziali e/o caratterizzate da elevata mobilità lavorativa e per i cosiddetti gruppi di popolazione hard to reach (difficili da raggiungere, ndr)» cioè migranti, senza tetto, residenti in luoghi difficili da raggiungere o personale marittimo.

IERI IL MINISTRO della Salute ha chiesto un parere formale al Cts sulle modalità e i termini della permanenza dell’obbligo di mascherina all’aperto. La riunione dovrebbe tenersi la prossima settimana, probabilmente già domani, a fare paura sono le varianti. Il fronte aperturista chiede che cessi l’obbligo all’aperto dai primi di luglio o comunque non più tardi del 12, considerando che in Francia è già stato tolto e in Spagna verrà eliminato il 26 giugno. L’orientamento sarebbe toglierla dove non ci sono rischi di assembramento.