Ulisse, nel suo mondo, sconfinava avendo a che fare col silenzio e con gli dèi ridondanti. Dèi ingegnosi, folgoranti, esotici, che irroravano d’energia i corpi umani affinché si trasformassero in eroi, degni o meno ma attenti alle mosse del mondo naturale, ai loro simili, e alle seduzioni del sesso maschile e femminile. Siamo davvero eredi millenari di un passato giunto, sempre più faticosamente, da opere classiche che ci parlano di miti e gesta antichi?

Leggendo l’epica dei poemi, alla luce del caos odierno, sembrerebbe di no, ma le domande e le inquietudini non si fermano qui, non è tempo di troppa benevolenza, occorre convincersi d’impedire ulteriori offese e svuotamenti della parola, e di non sottrarre il silenzio alla vita corrente, regredita a attitudini scriteriate.

Bianca Sorrentino torna alle sue fonti ideali, dopo il viaggio nel mito classico e i poeti del Novecento, e all’Itaca ambita da scrittori sedotti da itinerari e incroci del destino. Pensare come Ulisse (Il Saggiatore, pp. 232, euro 16) è un libro capace di riportarci a un’altra storia, e «dischiuderci mondi» così come l’autrice vagheggia suggerendo la magia di opere che se ne stanno in posti particolari delle nostre case, pronti ad arricchirci di segni e narrazioni. Sono questi volumi a condurre nelle terre del mito, a risollevare l’attenzione verso temi e verità un tempo ancorati saldamente al nostro essere ma oggi disciolti nelle serie Netflix e in mitologie imprenditoriali che stracciano la terra con algoritmi «onnipotenti». Le sfide partono dal ventre della tragedia greca, dagli appelli di Cassandra, dalle ribellioni di Prometeo e Antigone, oggi incarnandosi in giovani come Greta Thunberg e Kay Sara.

IN UNA GIORNATA TRANQUILLA, Sorrentino si ritrova a passeggiare lungo via dei Fori Imperiali, rendendosi conto che tanta grandiosità ha avuto bisogno d’essere assecondata dalla durata, e che pur nell’evidenza delle rovine le pietre ci parlano ancora. Così come dice quel Canto alla durata che Peter Handke un giorno del 1986 donò al mondo. Un poemetto da cui tutto partì, l’ispirazione iniziale, perché «i classici sono luoghi della durata in cui nessuno sarà mai esule».

Fra intemperanze e ribellioni archetipe i capitoli di questo libro accompagnano dall’esperienza dei mondi antichi al nostro, tratteggiato nei luoghi cardine: teatro, scuola, carceri, e nel macrocosmo della natura che l’essere umano, con affanno, attraversa corrompendolo. Il mito, sparso in ogni angolo del pianeta, ha sempre avuto funzione benefica già in remoti contesti, soltanto di recente sembrano dominare smanie di sviluppo, ben diverse – scrive l’autrice – dal progresso agognato da Pasolini ormai molti decenni fa.

L’ESERCIZIO DELLA FORZA, della battaglia come gara ingrigisce di polvere guerrieri e monarchi, perfino l’insuperata bellezza di Elena ha valore militare nel pathos dell’Iliade. Il gesto atletico, precisa Sorrentino, ha avuto bisogno della ribellione femminile di Atalanta, la cui armonia si fonde nell’esercizio fisico. Il silenzio di cui si diceva, in definitiva, è arte ben diversa dall’indurre al mutismo le voci che hanno varcato i millenni fino al nostro tempo «smarrito».