Famiglie straniere e tutela dei minori. Un’analisi del discorso sulla genitorialità (ombre corte, pp. 232, euro 18) di Chiara Lanini è un libro che, occupandosi di nuclei parentali e servizi per i loro figli, per la funzione-specchio svolta dalle immigrazioni finisce per parlare della società italiana, dei suoi modi di funzionare e pensare.

AL CENTRO DEL TESTO vi sono i modelli di buona genitorialità, tuttora organizzati attorno al fulcro materno e al suo totale, quanto esclusivo, sacrificio alle esigenze dei figli: un modello che non si confronta con il mercato del lavoro, con le esigenze di reddito delle famiglie operaie e con i bisogni più generali della popolazione femminile e che, pertanto, facilmente può divenire un dispositivo di colpevolizzazione delle donne che ad esso non possono, e/o non vogliono, aderire.

NECESSARIAMENTE, per queste ragioni, il libro si confronta con i vincoli strutturali, oltre che istituzionali, attorni ai quali si organizza la relazione italiani-immigrati, evidenziando le diseguaglianze che riguardano la popolazione immigrata nei confronti di quella nazionale, specialmente con riferimento alle donne. Un dato riportato nel testo basta per rendere chiara questa condizione: «si stima che il lavoro domestico, di assistenza e di cura, impieghi in Italia circa 2 milioni di lavoratori, nell’anno 2019 quelli stranieri rappresentavano il 70,3% del totale degli impiegati nel settore, con una componente femminile dell’88,7%, ovvero la metà delle lavoratrici immigrate».

In altre parole, per le donne immigrate è disponibile solo, o quasi, l’impiego di cura e domestico: in Italia sono strutturalmente «badanti». Quanto si guadagna in media in questo tipo di lavoro? 868 euro lordi al mese nel caso della retribuzione per le colf conviventi. A donne che hanno redditi bassi, spesso sole, viene richiesto, anche dagli operatori della tutela attivi nei servizi territoriali, il rispetto di un modello genitoriale «materno intensivo», che, da un lato, si concentra tutto sul ruolo e l’azione della madre secondo una specifica ideologia della maternità e dei rapporti tra i generi, e, dall’altro, è pensato, in ottica eurocentrica, per le classi medie e, dunque, per risorse economiche, sociali e di tempo molto più ampie e forti.

L’ESITO NON PUÒ che essere quello di spiazzare chi «non è del tutto assimilato agli stili di vita, alle possibilità, ai valori e ai modelli» che supportano questo tipo di «buona genitorialità», favorendo un «ulteriore spazio di competizione dal quale, strutturalmente, una parte delle famiglie sono escluse in partenza», in particolare quelle immigrate e, più in generale, tante famiglie operaie o in condizioni di povertà socioeconomica. Su questa analisi si chiude la prima parte del libro (dal titolo «Il quadro teorico»), organizzata in tre capitoli che si occupano, come visto, dell’inquadramento sociologico del fenomeno migratorio, della tutela dei minori e della genitorialità.

A ESSA SEGUE la seconda parte («La ricerca»), distribuita lungo quattro capitoli. Qui viene presentato lo studio di dieci fascicoli giudiziari relativi a procedimenti di sospensione o limitazione della responsabilità genitoriale presso i Tribunali Minori di Genova e Torino; venti interviste con educatori ed educatrici impiegati nei servizi educativi per minori del Comune di Genova; i discorsi sulla genitorialità nei procedimenti di tutela e, infine, un insieme di conclusioni che richiamano i temi fondamentali dell’intero libro.

La conclusione fondamentale della ricerca è stata quella di rilevare la sottovalutazione delle determinanti sociali della genitorialità, che i servizi tendono a sostituire con l’attenzione «su aspetti di natura personale, educativa, psicologica, relazionale», esprimendo un’attitudine propria dell’amministrazione della marginalità. Evidenziando, in altre parole, il deficit di democrazia che caratterizza i servizi sociali contemporanei, ancora più evidente quando essi si rivolgono alle popolazioni immigrate.

Un deficit che il libro di Chiara Lanini, educatrice e docente a contratto di Sociologia dei media presso l’Università di Genova, espone con ricchezza di informazioni, dati e analisi e che si propone come utilissimo strumento di riflessione per chiunque lavori oggi in Italia nei servizi sociali e nelle relazioni con le persone, oltre che nelle attività specifiche di tutela dei minori.