Per la procura di Catania unico obiettivo Open Arms sarebbe stato quello di sbarcare in Italia i migranti tratti in salvo una settimana fa nel Mediterraneo e questo anche se a giudizio dei magistrati non sarebbe stato necessario.

E’ sulla base di questa convinzione che i magistrati siciliani hanno sequestrato la nave della ong spagnola Proactiva e indagato il comandante Marc Reig e la capomissione Anabel Montes di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.

Accuse pesanti respinte fermamente dagli interessati, mentre per l’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, che difende la ong, sarebbe stato violato il diritto alla difesa dell’equipaggio della nave per l’assenza di un interprete qualificato quando è stato ascoltato dalla polizia.

«Sia per le dichiarazioni spontanee rese dall’equipaggio sia per le notifiche si sono serviti della tradizione di un componente della Open Arms – ha spiegato ieri il legale – e al momento della notifica della provvedimento della procura di Catania è stato un ispettore di polizia a tradurre il documento con uno spagnolo elementare, tanto che il capitano non capiva bene quanto traduceva».

Nelle prossime 48 ore il gip di Ragusa deciderà se convalidare o meno il sequestro della nave, ferma da sabato scorso nel porto di Pozzallo. «Gli agenti che hanno ascoltato l’equipaggio ci hanno anche chiesto le immagini delle go Pro e delle telecamere a circuito chiuso, dicendoci che se non le avessimo fornite spontaneamente le avrebbero prese comunque. Da quel momento abbiamo cominciato a pensare che c’era qualcosa che non andava» spiega Riccardo Gatti, uno dei tre capimissione della Open Arms e portavoce in Italia della ong spagnola.

Gatti conferma che il salvataggio è avvenuto in acque internazionali?

Eravamo a 74 miglia dalla costa libica, in piene acque internazionali.

E potete provarlo?

Certo, lo possiamo dimostrare noi e può farlo la Guardia costiera italiana con le illustrazioni dei tabulati.

L’Unione europea vi contesta di non aver rispettato il codice di condotta delle Ong non consegnando i migranti alla Guardia costiera libica.

Ci si contesta il fatto che non abbiamo lasciato che i libici prendessero i migranti. Qui c’è qualcosa di strano. Non è la prima volta che la guardia costiera italiana ci avvisa della presenza dei libici durante un’operazione di soccorso, né è la prima volta che veniamo informati che i libici vorrebbero assumere il coordinamento del salvataggio. E’ però la prima volta che Roma ci dice che i libici assumono sul serio il coordinamento e questo non è normale, perché noi non abbiamo mai ricevuto un’informazione ufficiale sul fatto che Tripoli possa assumere il coordinamento delle operazioni. Perché questo avvenga un Paese deve avere un Mrcc (il Centro di coordinamento del soccorso marittimo, ndr), una zona Sar (ricerca e salvataggio, ndr) assegnata e dei porti sicuri dove sbarcare i migranti, tutti requisiti che la Libia non ha. Tra l’altro chi decide è l’Imo, l’Organizzazione marittima internazionale, e benché siano state inoltrate delle richieste da parte di Tripoli, non le è mai stata affidata una zona Sar. Se portassimo i migranti in Libia violeremmo tutti i trattati internazionali.

Fino a domenica scorsa come avete operato?

In passato ogni volta che abbiamo ricevuto dalla Guardia costiera italiana una chiamata di soccorso ci siamo sempre diretti verso il punto indicato, libici o non libici. Solo che quando c’era una motovedetta di Tripoli ci tenevamo a distanza di sicurezza, pronti a intervenire nel caso ce ne fosse stato bisogno.

Cosa è cambiato questa volta?

Che l’Italia ci ha comunicato che il coordinamento era dei libici e di fermarci, e noi non abbiamo capito perché visto che si stava parlando di soccorsi in acque internazionali. Una volta sul posto, visto che eravamo i primi, abbiamo cominciato noi a fare il salvataggio. Quando bambini e donne si trovavano a bordo sono arrivati i libici gridando che se non consegnavamo le persone che avevamo tratto in salvo avrebbero sparato.

Il fondatore di Proactiva, Oscar Camps, ha detto che certe azioni arrivano sempre dalla stessa parte.

Stiamo operando dal luglio del 2016 coordinati dalla Guardia costiera italiana e in generale non abbiamo mai avuto dei problemi. Adesso, invece, di punto in bianco ci contestano il reato di immigrazione clandestina. E’ evidente che c’è qualcosa che non torna, perché ci si vuole obbligare a fare cose – come consegnare i migranti alla Libia – che non sono state neanche comunicate ufficialmente. Se sono cambiati dei protocolli di azione o delle dinamiche operative, il minimo è comunicare il tutto a livello ufficiale. Noi non abbiamo mai ricevuto nessuna comunicazione ufficiale che riguardasse cambi operativi nelle operazioni Sar. Invece abbiamo operato pensando che tutto fosse come sempre e adesso ci ritroviamo in questa situazione.