E la neo presidente del consiglio, appena insediata, disse: «Voglio essere chiamata con l’articolo IL». Ullalà, abbiamo pensato in tante, è la prima donna ad arrivare in quel posto e già si sminuisce, come se definirsi al maschile anziché al femminile fosse un di più, un traguardo, una conquista.
Seguendo i suoi desiderata, quando andrà, che so, in missione all’estero, potremmo leggere che «Il presidente del consiglio è arrivata a Parigi». E già me lo vedo il lettore, o lo scrivente, reagire d’istinto e dirsi «Ah ma qui c’è un errore, un refusaccio. Bisogna correggere e scrivere LA presidente», perché a scuola ci hanno insegnato che il participio passato in questo caso si accorda con il soggetto, e qui il soggetto è femminile, perché non c’è dubbio che Lei è una lei, l’ha anche ripetuto per mesi, «Sono una donna, sono una mamma».
Eppure, adesso che è diventata importante, Lei vuole l’articolo IL davanti alla carica. Che facciamo? Eliminiamo i participi ambigui, proporrà una voce. E allora giù a fare i salti mortali per trovare circonlocuzioni neutre tipo «Il presidente, giungendo a Parigi, ha detto di essere grata…». Oddio, un altro femminile. È una maledizione. E adesso?

IN QUEL CASO il femminile l’ha usato lei, quindi… E se poi si offende? chiede il terzo. Beh, salta su il primo, possiamo farla parlare con il plurale maiestatis.
Ahhhh, che ideona. Fantastico. Quindi diventa «Il presidente del consiglio, giungendo a Parigi in visita ufficiale, ha stretto la mano al suo omologo francese e ha detto: ’Noi siamo grati di’»…».
No, no, no. Fa vecchio, e nostalgico, e qui bisogna evitare ogni riferimento storico ambiguo. Lei non sarebbe contenta.
Lei chi? Lei IL presidente. Ah già.
E se inventassimo una nuova formula triple face, tipo IL/LO/LA presidente?
Ma dai, fa Qui Quo Qua. E poi ti immagini scrivere ogni volta IL/LO/LA? Contraiamolo, facciamo ILLOLA presidente.
È orribile. Non si può. È meglio Illa. ILLA presidente.
Non lo capirebbe nessuno. E poi sembra spagnolo, e adesso va di moda il sovranismo. Abbiamo anche il sovranismo alimentare. Ma che vuol dire, secondo voi?
Mah! Qui mi sembrano tutti un po’ ambigui. Guarda il ministro dell’istruzione. Ha pubblicato un libro intitolato L’impero romano distrutto dagli immigrati. Così i flussi migratori hanno fatto collassare lo stato più imponente dell’antichità. Quando l’hanno criticato ha detto che quel titolo non l’ha scelto lui, che non bisogna fermarsi ai titoli.

PERO’ i titoli contano, diventano slogan, pensiero diffuso. Fra l’altro, qualcuno dovrebbe dirglielo che uno di quegli immigrati lì era Attila, che è un nome molto comune in Ungheria, dove governa un amico di Lei.
Lei chi? Lei IL. Ah già.
Certo che gli inglesi sono fortunati, hanno un solo articolo che va bene per tutto. Sennò possiamo tornare al latino, che il neutro l’aveva.
Sei matto? Con tutti quei casi, ablativo, dativo, genitivo, accusativo.
Una soluzione ci sarebbe. I dialetti. Usiamo un articolo preso da un dialetto. La U, per esempio. Chiamiamola U presidente.
Non puoi. Quelli del Nord poi si rivoltano.
Il silenzio si abbatte sulle tre teste. Rimuginano, si tormentano, finché, esausto, uno dice: «Non chiamiamola proprio. Usiamo solo G.M».
Ma sembra la marca di un’auto.
Evabbeh, l’ha voluto Lei.
Lei chi? Lei IL. Ah già.

mariangela.mianiti@gmail.com