Reduce da un esilio in seminario, Oreste, come un folle, fatica a indossare la tonaca già prima di tornare a casa, dove l’attende un disastro familiare. Il padre è morto e solo con sua sorella Elettra condivide giochi e battibecchi, che ormai non sono più infantili. Alla trilogia di Eschilo si è ispirata Terry Paternoster, autrice e regista di Appunti per Orestea nello sfascio, presentata con il suo Collettivo Internoenki in anteprima al Brancaccino di Roma. Ma dell’antico mito Paternoster ne ha fatto un’opera pop non meno tragica, incentrata sullo smarrimento giovanile in un contesto sociale e culturale depauperato dal profitto, che degrada relazioni, sentimenti e valori.

Senza riferimenti e preda di un cinico disincanto sorella e fratello si muovono intorno a un parallelepipedo, scalandolo e penetrandolo in un incessante dentro/fuori e alto/basso, alla ricerca del loro essere, espresso dal continuo spogliarsi e rivestirsi. Oreste alla tonaca preferirebbe l’abito da sposa di Elettra: la madre lo ha allontanato da casa per la sua omosessualità! E così può anche perpetrare i suoi loschi affari.

Nel quotidiano dialogare, alternato a brani rock, Elettra svela l’estremo degrado familiare, all’interno del quale prende senso quel matricidio. Se con lo spettacolo del 2013, Medea big oil, Terry Paternoster denunciava le trivellazioni in Basilicata, ora punta l’obiettivo sulle discariche di rifiuti tossici in Puglia. L’assassinio del padre ha la matrice mafiosa.