Nel 1979 il museo di Auschwitz venne dichiarato sito Unesco, in quello stesso anno Primo Levi e gli architetti dello studio BBPR di Milano furono incaricati dall’Aned (Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti) di realizzare il Memoriale Italiano. Essendone parte integrante dunque questo ultimo non può che essere considerato a pieno titolo patrimonio mondiale dell’umanità. Ad accompagnare i visitatori del Memoriale era una composizione di Luigi Nono che così la descriveva: «Non è una musica facile. È una musica dolorosa. L’unico consiglio che mi sento di darvi prima dell’ascolto: spegnete la luce, massimo silenzio, chiudete gli occhi». Sarebbe bene ascoltare quelle note, in tempi come questi in cui proliferano nuovi e molteplici nazismi. Non in un luogo qualsiasi però, ma nella sede per la quale è stata scritta e che invece da quattro anni risulta sigillata e ostaggio tra indifferenza e revisionismo storico. L’indifferenza è del governo italiano che dal 2011, data in cui sono stati posti i sigilli, non ha mosso un dito per riaprirlo.

Il revisionismo storico è delle autorità polacche e della direzione dell’ex KZ che lo ritengono troppo poco educativo e molto politico. Così ora rischia di venire smantellato e trasportato altrove. Gli unici ad opporvisi con tenacia chiedendo che non venga spostato dal Blocco 21 del campo, sono l’Accademia di Belle Arti di Brera assieme all’Associazione Gherush92 Committee for Human Rights che anche quest’anno dedicano il 27 gennaio al Memoriale con una conferenza nella sala Napoleonica dell’Accademia sul tema «L’insegnamento della memoria. Storia, arte, razzismo, diritti umani». Una conferenza al di fuori delle consuete celebrazioni «La Memoria è il tessuto connettivo da cui si prende spunto per riflessioni a livello scientifico, un’occasione per approfondire le ragioni e le responsabilità del razzismo e dell’antisemitismo – spiegano Sandro Scarrocchia docente a Brera e l’architetta Valentina Sereni presidente di Gherush92 – per contrastare ogni forma di revisionismo e di manipolazione della storia, per riaffermare il valore dei diritti umani e per superare l’indicibilità della Shoah con il linguaggio evocativo dell’arte».

Molti irelatori fra i quali i promotori della petizione con la quale numerosissimi studiosi, organizzazioni, ordini professionali, artisti, accademici, chiedono la conservazione in situ del monumento. Una richiesta rimbalzata anche in Parlamento dove una cinquantina di Deputati, prima firmataria Serena Pellegrino di Sel, nei giorni scorsi ha presentato una interrogazione scritta al Presidente del Governo Matteo Renzi. E in Senato dove lo scorso dicembre la VII commissione ha approvato all’unanimità un ordine del giorno col quale si chiede al governo di intervenire.

II monumento è stato realizzato dagli architetti dello studio BBPR (Lodovico Belgiojoso, Ernesto Rogers, Enrico Peressutti e Gian Luigi Banfi) che hanno lavorato assieme a Primo Levi per i testi, Luigi Nono per le musiche, Pupino Samonà per i dipinti e Nelo Risi per la regia. Nonostante sia ritenuto tra le più importanti opere d’arte di quegli anni, il direttore del Museo polacco ha sentenziato che il Memoriale non risponde più alle linee generali per l’allestimento delle mostre nazionali adottate in Polonia nel 1990. L’accusa è che si tratti di «un’opera d’arte fine a se stessa, priva di valore educativo» . In realtà i motivi sono ben diversi e si devono ricercare nel fatto che il Memoriale racconta l’ascesa del nazi- fascismo, del collaborazionismo, del razzismo di Stato, del ruolo delle multinazionali tedesche (soprattutto la Bayer) nei campi. Tra le vittime non si limita a ricordare solo gli ebrei ma anche i rom e gli omosessuali oltre chi lottò contro il nazifascismo come comunisti e detenuti politici. «Una scelta non casuale quella di chi lo ha realizzato, consapevole che la sofferenza è stata di molti – proseguono gli organizzatori della conferenza -Tutto questo oggi viene censurato e distrutto da pseudo storici e pseudo intellettuali che non si vergognano di manipolare la storia approfittando che i sopravvissuti ad Auschwitz stanno scomparendo, come Primo Levi aveva previsto».

Presentata dal direttore dell’Accademia Franco Marrocco, vede tra i relatori anche l’architetto Gregorio Carboni Maestri, dottorando in progettazione architettonica, che assieme all’arch. Emanuela Nolfo, nell’ambito del consorzio dottorale di ricerca dell’accademia di Brera e Palermo hanno elaborato il progetto di conservazione ed integrazione Glossa che propone una nuova contestualizzazione del Memoriale. In primo piano vengono proposte strisce leggere fuse dal ferro di vecchi binari, nascoste tra le spirali di Pupino Samonà e i muri del Blocco 21, ad abbracciare e proteggere il Memoriale. Una stele dinamica, un filo d’Arianna di testi in rilievo (anche per non vedenti), contenuti parlanti, eloquenti. Spiega Gregorio Maestri: «Il nazifascismo ha ucciso milioni di persone perché ribelli, ebrei, comunisti, partigiani, sindacalisti, gay, rom. Questi sono gli uomini; e noi ora ne offendiamo la memoria: come possiamo star zitti di fronte allo scempio? Noi possiamo gridare e disegnare il futuro con le idee. La porta chiusa del nostro Memoriale l’ho vista per l’ultima volta a luglio 2011. Lo vogliono sostituire con il scintillio di mostre multimediali più politicamente omologate. Noi, a questo, dobbiamo contrapporre con coraggio la forza delle idee. In poche parole, quella di Uomini. Se tali siamo, degni di questo nome».