La produzione giallistica italiana, anche quella legata alla ricostruzione storica delle vicende del Paese, tende a muoversi su due linee narrative contrapposte.

DA UN LATO abbiamo la variante di tipo localistico-strapaesano, incentrata sulla descrizione simpatetica di un ridotto ambiente geografico, vivificato dalle note di colore locale e da un’italianità regionalistica (dove la regione è metonimia per la nazione stessa) che accende nel lettore un certo affetto perché lo trasporta in una struttura sociale più elementare, con caldi toni di nostalgia. Dall’altro, abbiamo invece la brutalità cittadina – le Napoli, Roma, Milano, Bologna notturne e underground – i centri storici eletti a simbolo di un tessuto sociale altamente atomizzato, vicino alla disintegrazione, privo di possibilità di riscatto, abitato da personaggi mostruosi e soggiogato nella morsa di un tardo-capitalismo che ha annichilito ogni coesione sociale, neanche il Quadraro fosse South Chicago.

Corpi di passaggio di Andrea Cedrola (Fandango, pp. euro 18,50) è un libro diverso. Benché anche qui sia in gioco la volontà di ripercorrere la storia del Paese attraverso alcuni eclatanti casi di cronaca (in questo romanzo l’irrisolto omicidio Montesi), l’attenzione storico-realistica permette all’autore di evitare qualsiasi naturalizzazione di vicende e personaggi. La descrizione storico-sociale evita di immortalarsi negli opposti scenari di un’Italia pre-capitalistica o di un’Italia americanizzata, provando invece a restituire la totalità delle relazioni sociali nel quadro degli anni storici di riferimento.

AVREMO così certo la descrizione attenta del decadimento morale di un Paese teso verso il boom economico (degradazione che coinvolge tanto le élites quanto alcuni strati delle classi popolari anelanti a un facile riscatto sociale), avremo la puntigliosa analisi di una nazione che ha rifiutato di affrontare il suo passato fascista, che non ha agito per modificare i propri vertici del potere economico (gli antichi fascisti ora diventati palazzinari), ma avremo anche i tentativi in senso inverso, come il lavoro politico allora in corso nella memoria ineluttabile della Resistenza.

Nei romanzi di Cedrola – già autore di La Collina, ambientato a San Patrignano, e arrivato ora al secondo episodio della serie incentrata su Gerardo Conforti – mai «tutte le vacche sono nere», perché in gioco è la volontà di restituire un quadro storico-sociale (e geografico) realistico, attraversato da molteplici linee ideologico-morali in lotta.

NEPPURE DUNQUE è un caso che il protagonista di questi romanzi non sia il detective, la figura che (degradata o meno) ha il compito di portare a soluzione il groviglio della trama, di rassicurarci sulla possibilità di una lettura univoca del reale, ma un personaggio (l’anti-eroe Conforti) che pur avendo vissuto in prima persona le vicende in gioco, le riguarda invecchiato mediante il filtro della memoria. Solo che tale filtro è tutt’altro che rassicurante distanza, perché la memoria è la vera posta in palio dell’indagine, e quindi dei romanzi.

COME IL CENTRALE rapporto padri-figli-nipoti esemplifica nella narrazione, la lotta sul terreno della memoria, su quello della ricostruzione di quanto è accaduto, è ciò che muove i fili della storia, perché, come dimostra la continua ridda di testimonianze che si incrociano a vuoto attorno al fatto di cronaca, la ricostruzione mnemonica è ciò che può riportare a significato le vicende di un Paese che non vuole guardarsi allo specchio, che troppo a lungo ha evitato di riflettere su se stesso. Neppure dunque la struttura giallistica costruita da Cedrola vuole essere riflessione epistemologica sull’impossibilità di comprendere davvero il reale, ma ancora una volta parte in lotta, sul piano storico, tesa a rivelare e a esporre le ragioni e i volti di chi ha lavorato per rendere opache le vicende che ci hanno segnato.

Potremmo semplicemente chiamarlo «Potere», ma sarebbe sbagliato; significherebbe contribuire all’opacità della nostra storia e della nostra memoria. Quel «potere», il romanzo suggerisce, aveva lineamenti ben precisi. Rivelarli mediante l’azione della memoria è fare i conti anche col nostro presente. La lotta sulla memoria è lotta per il presente.