Secondo la Bibbia tutta la Terra aveva una sola lingua e un solo popolo stava costruendo un’unica città, con una Torre fino al cielo, per farsi un nome e recuperare il Paradiso perduto. Un’opera superba! Dio vide che non sarebbe stato impossibile e scese a disperdere gli uomini e a confondere la loro lingua.

MA BABELE è anche il punto in cui si diventa liberi da un unico Dio e si comincia ad assaporare il linguaggio, che esiste solo nella differenza linguistica. Da quel momento la lingua, totalità chiusa (totus), concentrata in un solo luogo, è diventata una totalità aperta (omnis) di sistemi che si richiamano a distanza e si traducono gli uni negli altri. La stessa unità di un singolo idioma si coglie nella disseminazione spaziale e nella rigenerazione, non più come dono e vincolo calato dall’alto, ma come conquista. Ex Babele lux (Paolo Fabbri).

NIENTE DI MEGLIO allora di un festival pop, fisico e digitale, per riscoprire la bellezza di una di queste lingue, la nostra, e valutarne lo stato dell’arte. Il Teatrino di Palazzo Grassi a Venezia ospita lunedì 21 (dalle 15 alle 18.30), l’evento La Lingua Madre #Italiano Trapassato Futuro, un pomeriggio di intrattenimento sulla lingua italiana nel mondo. A organizzarlo è l’Associazione internazionale Interpreti di conferenza in Italia con l’Università Ca’ Foscari e la Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

Paolo Di Paolo, romanziere e speaker di Radiotre Rai, e Vera Gheno, sociolinguista italo-ungherese, condurranno l’incontro passando la parola a protagonisti della scienza e della ricerca, della comunicazione e del giornalismo, della musica, dell’economia e delle istituzioni. Tra gli ospiti Corrado Augias, Marco Cerase, Marco Cavaleri, Igiaba Scego, Alberto Toso Fei, Francesco «Kento» Carlo, Dacia Maraini, Elti Cattaruzza, Daniele Mazzacani.

L’idea guida dell’evento, trasmesso in diretta streaming, è che la ripartenza di un Paese dipende dalle capacità dei parlanti di conoscere la propria lingua. Interpreti e traduttori sono i primi a sapere che le lingue si evolvono anche grazie a prestiti e travasi da altre lingue, ma che, in patria e lontani dalla terra d’origine, è l’autocoscienza del potenziale della lingua madre a dare a ciascuno la possibilità di distinguersi.

LA PADRONANZA dei concetti espressi nel proprio idioma schiude agli altri la comunità di appartenenza, che soprattutto nel caso dell’Italia è un immaginario in cui il linguaggio verbale è intriso di altre pratiche semiotiche, dall’arte alla musica, dallo sport al cibo alla moda, e di forme di vita baciate dal sole. Quanti popoli si riconoscerebbero nel modello del Bel Paese, se sapessimo adoperarlo bene! La Lingua Madre italiana è un «lievito madre»: pasta che può riprodursi altrove e fermentare creativamente, esaltando il gusto culturale come bene comune, «trapassato» e «futuro».

RIFLETTIAMO SUL FATTO che l’italiano (altre lingue no) ha due accezioni per indicare il «trasferimento di conoscenza»? «Trasmettere» – trasferire nello spazio – e «tramandare» – trasferire nel tempo, in modo intergenerazionale, con consegne alla storia. Il nostro «tramandare» porta a galla tutte le strategie – in cui l’Italia si è distinta – di resistenza all’erosione del tempo.