I galli cantano (soprattutto all’alba), le oche starnazzano, le galline chiocciano, le rane gracidano, i cani abbaiano, i maiali grugniscono e quando li scanni urlano come disperati, le mucche muggiscono e producono il puzzolentissimo letame. La campagna di allevatori e coltivatori è così, piena di rumori e odori lontanissimi da certo immaginario tutto margherite e relax. In Francia questa divaricazione ha prodotto negli ultimi anni una frattura fra vecchi e nuovi abitanti della campagna, tant’è che in tutto il paese ci sono 490 cause intentate dai neo rurali, spesso cittadini che si trasferiscono scopo vacanza, contro il disturbo causato da rumori e odori di chi la campagna la lavora.

FAMOSO è diventato, nel 2019, coq Maurice, un gallo accusato dai nuovi vicini di essere troppo canterino. Il caso destò una tale diatriba che il parlamento nel 2021 approvò una legge che protegge il patrimonio sensoriale delle campagne. Le cose, tuttavia, non sono migliorate tant’è che nei giorni scorsi è stata discussa una legge che dovrebbe riparare i contadini da cause fallaci e per loro costose.

Il sito Reussir.fr ha raccolto alcuni esempi: il cavallo di un’azienda bio alsaziana accusato dai vicini di disturbarli perché la sua cacca puzza e attira le mosche; dei mietitori che danno fastidio quando lavorano di notte, e qui bisognerebbe sapere che si fa così per evitare che il raccolto prenda umidità; degli abitanti che si lamentano per le deiezioni di un vicino allevamento di api che imbrattano il tavolo del loro giardino; un campeggio che fa causa al confinante allevatore di oche il cui odore farebbe fuggire i clienti e così il contadino ha installato diffusori di oli essenziali. La legge in discussione vorrebbe sancire il principio che, se compri una casa in campagna, ti devi adattare alla vita del luogo e non puoi, dopo, lamentarti per gli odori e i rumori di chi lavora lì da decenni, anche perché se vuoi mangiare prodotti freschi e naturali ci dovrà pur essere qualcuno che il grano lo miete, le api le alleva, le mucche le munge, i trattori li usa.

AI CITTADINI che si trasferiscono in campagna ha dedicato il suo ultimo film Emilie Deleuze. Presentato al recente festival del cinema di Locarno, 5 hectares racconta di un professore universitario (Lambert Wilson) che compra una casa fra i campi. Gli inizi sono meno ameni del previsto. Quando capisce che, per farsi accettare dalla comunità locale e da un vicino poco accogliente, deve avere un trattore, decide di acquistarne uno, ma quasi nessuno vuole venderglielo. Lo troverà a un centinaio di chilometri e lo guiderà lui stesso verso casa, incappando in disavventure che, da abitante di città, non aveva previsto e che gli faranno capire quanto può essere dura la vita di chi lavora la terra.

Io sono cresciuta in campagna. Quando la domenica arrivavano i bambini di città, restavo sbalordita sentendoli chiedere, di fronte a dell’uva ancora verde, «Ma queste sono olive?».

Allora li consideravo un po’ scemi, poi ho capito che erano solo insipienti perché nessuno li aveva mai portati su un prato e, di conseguenza, non avevano mai scoperto che se ti ci stendi puoi trovarci le formiche, che le viole spuntano a marzo, che le galline scagazzano dappertutto, che le stalle puzzano di letame e piscio, che i maiali amano sguazzare nella loro merda, che i contadini si alzano all’alba ogni giorno per mungere, e che tutti dovrebbero fare scambio di vita almeno una volta nella vita, soprattutto da piccoli. Eviteremmo un sacco di fraintendimenti e false illusioni. Soprattutto, impareremmo da dove viene ciò che abbiamo nel piatto.

mariangela.mianiti@gmail.com