Il Brasile è il paese nel quale, negli ultimi decenni, più vasta è la fortuna del pensiero di Gramsci. Non è improprio affermare che – almeno sul versante della diffusione quantitativa – l’autore sardo sia oggi più presente nella nazione sudamericana che in Italia, dove una intensa attività filologica ed ermeneutica non è accompagnata da un’altrettanto ampia diffusione negli studi universitari e nel dibattito pubblico. In Brasile, invece, Gramsci viene letto, studiato e diffuso soprattutto nel grande sistema universitario nazionale.

DA UN CENSIMENTO curato da César Luiz de Mari, Deise Rosálio Silva e Douglas Ferrari per la International Gramsci Society Brasil – la sezione nazionale della grande famiglia mondiale della Igs, il network mondiale degli studiosi gramsciani – apprendiamo che esistono nel paese 67 gruppi di ricerca sull’autore dei Quaderni, in gran parte formalizzati e consolidati a livello accademico e presenti nel 70% del territorio nazionale. Gli studi gramsciani si concentrano nelle Scienze umane e nelle Scienze sociali applicate, e riguardano in primis categorie quali Stato integrale, egemonia, rivoluzione passiva, intellettuali organici, nazionale-popolare. Essi sono presenti nelle Facoltà di Educazione, Scienze politiche, Storia, Servizio sociale, seguite da Filosofia, Giurisprudenza, Comunicazione e Relazioni internazionali.

IL SAGGIO da cui traiamo queste informazioni fa parte di un libro collettivo intitolato Gramsci in Brasile. Un esempio riuscito di traducibilità filosofica, a cura di Gianni Fresu, Luciana Aliaga e Marcos Del Roio, con prefazione di Mauro Pala (Meltemi, pp. 362, euro 26), dedicato come si evince dal titolo a come Gramsci è stato tradotto non solo in senso linguistico, scrive Fresu, ma filosofico e storico-politico, nella peculiare realtà di quel paese. E come sia anche utilizzato ancora nell’agone politico, come ricorda Pala.
Accanto alla ricognizione sincronico-spaziale, è molto presente nel volume la ricostruzione storico-diacronica. Come si avverte nel primo saggio di Fresu, utile cornice concettuale e allo stesso tempo introduzione al tema, la fortuna di Gramsci in Brasile data dalla metà degli anni ’60, quando si avviò la prima traduzione dell’edizione dei Quaderni, uscita in Italia fra il 1948 e il 1951.

DEI TRE TRADUTTORI, Carlos Nelson Coutinho, Leandro Konder e Luiz Mário Gazzaneo, sarà soprattutto il primo a coltivare gli studi gramsciani, fino a divenire il principale studioso brasiliano del marxista sardo e il curatore-traduttore (con Luiz Sérgio Henriques e Marco Aurélio Nogueira) anche di una seconda edizione dei Quaderni, condotta a fine degli anni ’90 a partire dall’«edizione Gerratana» e accompagnata da diversi volumi di Scritti politici e di Lettere dal carcere.
La storia della fortuna di Gramsci si intreccia con quella della sinistra brasiliana (prima il Pcb, Partido comunista brasileiro, poi il Pt, Partido dos trabalhadores) e con le vicende, a volte drammatiche, del paese: in particolare usando la categoria di rivoluzione passiva (si veda ad esempio l’interessante contributo di Luciana Aliaga e Sabrina Areco) per leggere i processi di modernizzazione violenta dall’alto con cui il paese fu portato da «Oriente» a «Occidente».
Molti saggi affrontano il tema da una prospettiva di ricostruzione storica e delle forme politico-sociali: da Ana Maria Said, che allarga lo sguardo alla presenza di Gramsci in America latina, ad Anita e Ana Paula Helena Schlesener, che si soffermano sulla sua ricezione negli anni ’60; da David Maciel, che scrive sulla transizione dalla dittatura alla democrazia (in termini gramsciani: rivoluzione passiva, trasformismo, cesarismo) a Del Roio, che illustra il connubio tra le tematiche dei Quaderni e la rilevante presenza dell’eurocomunismo (dovuta ancora soprattutto a Coutinho, al quale è dedicato in modo specifico il contributo di Gláucia Lelis Alves).

ORIGINALE E INTERESSANTE è il saggio di Zuleide Simas da Silveira sull’utilizzo di Gramsci per studiare il ruolo degli intellettuali «cosmopoliti», oggi cinghia di trasmissione tra Stato integrale nazionale e istituzioni sovranazionali. Attuali, purtroppo, perché dedicati alle destre brasiliane, i contributi di Lincoln Secco e di Jefferson Barbosa Rodrigues, che arriva fino a Bolsonaro. Per finire con la ricostruzione di Rogério Rego Míranda e Júlio César Suzuki sulle «forme controegemoniche» portate avanti dai lavoratori Sem Terra (Mts), in cui la lotta per la terra procede di pari passo con la lotta per nuovi processi educativi-egemonici. Una ricognizione di ampio respiro, dunque, questo libro su Gramsci in Brasile. La cui «traduzione» è ancora in divenire, reagendo in modo vitale all’evoluzione attuale della società e della politica. Di oggi e crediamo anche di domani.