Letture di evasione nel carcere di massima sicurezza. Una lettera indirizzata alla direttrice del manifesto Norma Rangeri da Ascoli Piceno per denunciare la mancata consegna del manifesto e l’accesso negato alla lettura del capolavoro di Umberto Eco Il nome della Rosa al boss siciliano Davide Emmanuello, «ristretto nel regime di tortura del 41 bis» dopo essere stato condannato a tre ergastoli per altrettanti omicidi, più qualche reato «minore» legato al traffico di droga. Il mittente è un detenuto comune, Pasquale De Feo, perché «la direzione non farebbe mai partire una lettera del genere». La denuncia ha il sapore della libertà offesa: «Per ragioni oscure – scrive De Feo – la direzione del carcere ha sospeso ad Emmanuello la distribuzione del manifesto quando gli arriva tramite posta». Non solo: «Qualche mese addietro, gli rifiutarono di fargli leggere il libro della biblioteca del carcere Il nome della rosa di Umberto Eco, perché ritenuto pericoloso dall’area educativa».

Messa così, siamo ai limiti della triste fama che le carceri italiane portano cucita addosso: luoghi «disumani e degradanti». De Feo insiste, e richiama alla memoria le prigioni di Antonio Gramsci durante il Ventennio: «A lui permettevano di avere quattro libri in cella e in libertà di leggere tutti i libri della biblioteca. Parliamo di ottant’anni fa. Siamo nel terzo millennio e ci sono ancora le censure. Credo che il motivo sia tutto nell’ordinamento politico; nel sistema penitenziario non adorano tutto ciò che si volge a sinistra».

La storia ha già fatto nella giornata di ieri il giro del web, dopo che qualche giorno fa era stata lanciata dal sito «Le urla dal silenzio» e anche dalla giornalista Francesca De Carolis, che aveva già fatto cenno a questa vicenda in un post uscito sul suo blog «L’altra riva» alla fine di ottobre.

Dal carcere di Ascoli, però, negano fortemente che il problema risieda nei contenuti del romanzo di Eco e del quotidiano comunista. «I detenuti al 41 bis – spiegano – non hanno accesso a tutto, come i detenuti comuni. I libri devono rispettare determinati parametri e tutto questo solo ed esclusivamente per motivi di sicurezza», e in effetti risulta difficile credere che il giallo storico più venduto di sempre possa essere considerato una lettura «pericolosa» dietro le sbarre. Diverso il discorso legato al manifesto, e anche su questo la direttrice del carcere Lucia Di Feliciantonio è impegnata a fare luce già in queste ore. Il «carcere duro», secondo l’ordinamento penitenziario italiano, si articola su più livelli, a seconda della pericolosità sociale del detenuto. In molti, ad esempio, non hanno accesso ai quotidiani locali «sempre e solo perché in passato si sono verificati episodi gravissimi di minacce o peggio ancora». Ad Ascoli, intanto, la direzione sta verificando le affermazioni di De Feo, e i dubbi aumentano di ora in ora, insieme ai particolari più inquietanti.

A leggere le cronache, infatti, viene fuori che qualche mese fa, Salvatore Calone – 44 anni, condannato per tentato omicidio, detenuto al 41 bis tra il 2001 e il 2010, attualmente in carcere a Padova, fratello del pentito di camorra Ciro – ha denunciato a Giampiero Calapà del Fatto Quotidiano il mancato accesso a un libro che aveva richiesto: Il nome della rosa di Umberto Eco. Troppa paranoia oppure nelle pagine del romanzo c’è davvero un messaggio da decifrare?

Tra paventate querele e questioni deontologiche irrisolte («Le notizie su quella lettera comunque non sono state verificate», tuonano ancora da Ascoli), l’unico dato certo che emerge è la condizione devastata e devastante del sistema carcerario italiano, ormai al collasso: il sovraffollamento è arrivato a quota 134% (dati Antigone del 2013), le misure alternative al carcere per i detenuti in attesa di giudizio vengono quasi sistematicamente scartate dalle procure del Belpaese, l’Europa minaccia sanzioni pesantissime, gli episodi di violenza da parte dei secondini sono diventati un classico della cronaca giudiziaria, gli appelli all’amnistia lanciati soprattutto dai Radicali e amplificati da Napolitano cadono sempre nel vuoto.