Tagliarsi i capelli sul palco della Concertgebouw, la sala concerti più famosa dei Paesi Bassi, mentre l’orchestra suona, andare dall’estetista nelle sale del museo Van Gogh o ancora partecipare a una lezione di yoga tra le fotografie del Foam di Amsterdam. Lo hanno potuto fare i cittadini della capitale olandese quando i lavoratori della cultura hanno espresso tutto il suo disappunto per il recente e contestato allentamento del semi-lockdown imposto a dicembre dal governo: da sabato 15 gennaio sono state infatti riaperte «attività non essenziali» come parrucchieri, massaggiatori, estetisti, fioristi mentre sono rimasti chiusi tutti i luoghi di cultura come musei o sale concerti.

MERCOLEDÌ PERÒ, per protesta, i battenti di una settantina di luoghi culturali sparsi in tutta la nazione si sono aperti, ospitando al loro interno, tra le opere d’arte e le note musicali, quelle altre «attività non essenziali» a cui il governo olandese ha voluto dare la precedenza. «Il nostro obiettivo era di risvegliare le coscienze, mettendo in evidenza l’assurdità delle misure decise dall’esecutivo», spiega Paola, guida museale a Amsterdam. «La cultura è un servizio essenziale per il benessere mentale e psicofisico della società e dà la possibilità a molti di lavorare e di farlo in tutta sicurezza come avvenuto finora con distanziamento, percorsi ad hoc e prenotazioni».

AL DISAPPUNTO per la scarsa considerazione dimostrata dall’esecutivo nei confronti della cultura, tra i partecipanti alle proteste andate in scena un po’ in tutto il Paese si aggiunge anche la preoccupazione per le conseguenze economiche di un blocco prolungato: «A differenza di un anno fa, in questo lockdown siamo stati lasciati senza alcun supporto finanziario e senza prospettive. Le chiusure improvvise e inattese di dicembre hanno portato all’annullamento di attività programmate da mesi in un periodo chiave come quello natalizio».

Contro le decisioni del governo si è mobilitato l’intero settore culturale, da guide e musicisti ai vertici delle istituzioni culturali che hanno deciso di non farsi intimidire dalle minacce di amministratori locali e di politici e di aprire le porte dei luoghi di cultura alla creatività della contestazione.

Il mondo della cultura è uno degli ultimi a mobilitarsi in Olanda contro le politiche governative di contrasto all’epidemia che nelle ultime settimane sembra aver rallentato la sua diffusione. Secondo i dati forniti dal governo, infatti, più dell’86% della popolazione maggiorenne è vaccinata almeno con due dosi (il 53% ha avuto la dose booster) e i nuovi ingressi in terapia intensiva si sono ridotti nell’ultima settimana a una media di soli quattordici al giorno.

DI FRONTE a questo generale miglioramento il mondo della cultura non ha voluto stare zitto e ha scelto di esprimere in modo creativo tutto il suo malcontento nei confronti delle decisioni del nuovo esecutivo, guidato per la quarta volta dal liberale Mark Rutte. «Il nostro benessere mentale è importante tanto quanto il nostro stato di salute e pensiamo sia importante farlo sapere», ha detto Emilie Gordenker, direttrice del Van Gogh Museum.

«Noi facciamo il possibile per garantire la sicurezza, la salute è essenziale. Ma queste scelte politiche sono proprio contraddittorie e sembrano solo favorire il settore commerciale rispetto a quello culturale. Noi, però, siamo una parte importante di ciò che rende questa città speciale, del perché le persone vengono a visitarla e vogliono restarci a vivere».