Continua l’incredibile vicenda del concorso straordinario per i docenti precari in corso fino al 16 novembre. Il «Dpcm» sospende tutti i concorsi nel pubblico e nel privato ad esclusione dei casi in cui venga effettuata la valutazione dei candidati su basi curriculari o in maniera telematica, e di quelli per il personale sanitario e della protezione civile. Invece di essere stabilizzati come richiesto da una direttiva europea, sulla base di una prova per titoli e servizio, i precari della scuola restano ostaggi della feroce determinazione del Ministero dell’Istruzione e del governo a fargli scontare il loro essere precari. L’ultima parola potrebbe spettare al Comitato Tecnico scientifico che dovrà chiarire cosa significa la frase letta ieri nella bozza del provvedimento: «procedura in corso». Se, come in effetti è, si riferisce al concorso dei precari allora le prove continueranno fino alla data prevista. Nonostante tutto.

Il «consiglio» a non spostarsi dai comuni di residenza, e dunque nei fatti dalle regioni, rivolto dal governo a tutti i residenti in Italia non varrà per i precari della scuola che dovranno percorrere tutto il paese perché così ha deciso la ministra Lucia Azzolina. In questa situazione potrebbero trovarsi 10 mila candidati su 64 mila. Tra di loro ci sono anche quelli che dalla Campania, la Basilicata, la Calabria, la Puglia e il Molise dovranno andare in Sicilia. Solo dalla Sardegna si muoveranno in 842.

Uno studio dei docenti Enrico Bucci, Guido Poli e Antonella Viola, per il Patto Trasversale per la Scienza, conferma che nella scuola i contagi sono ridotti al minimo. I luoghi esaminati sono la provincia di Milano, quella di Bergamo e la regione Lazio. Una valutazione convergente con l’Istituto Superiori di Sanità secondo il quale la trasmissione intra-scolastica del virus appare ancora limitata: 3,5% dei nuovi focolai. Nonostante la grave mancanza dei dati, certamente raccolti, la ricerca consiglia di usare «sempre le mascherine in classe». « Insistiamo – aggiungono i ricercatori – sulla necessità di utilizzare da subito test rapidi e/o sistemi di pooling come strumenti di investigazione diagnostica e monitoraggio sanitario»

Secondo la bozza del decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe essere emanata oggi le scuole superiori adotteranno da domani e fino al 30 novembre la didattica a distanza per il 75% del tempo riservato alle lezioni. Solo per il 25% restante gli studenti e i docenti resteranno in classe in tutta Italia. Si conclude così, al rialzo rispetto al 50% prospettato in questi giorni, la rincorsa del governo alle regioni che hanno approfittato di una settimana di vacanza politica su una questione ritenuta dirimente per procedere in ordine sparso. Le uniche attività didattiche in presenza, per il momento, resteranno nel primo ciclo di istruzione, materna, elementari e medie. È il riconoscimento, non ancora definitivo, della situazione già presente in molte scuole carenti di spazi e docenti precari e il fallimento della riapertura presentata dal governo come un successo. Insieme all’ingresso «prima delle nove», il governo ha ribadito la suggestione di un «eventuale utilizzo di turni pomeridiani». Ipotesi tutta da dimostrare. Nel frattempo continua il caos politico. Ieri la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina ha criticato la «mancanza di coordinamento» con il ministero dei trasporti di Paola De Micheli.