Il progetto di riforma della scuola sarà presentato mercoledì prossimo. Lo ha detto il premier Matteo Renzi al termine del Cdm, sottolineando che «il programma è pronto» e che non c’è «nessun problema di copertura, anche perchè il progetto che abbiamo in mente fa data al 2015. Non l’abbiamo messo per evitare di mettere troppa carne al fuoco».
Al 29 agosto, il governo ha poi negato di volere «stabilizzare» 100 mila precari e ribadisce che le «29 linee guida» del «progetto» che ha in mente consisterà in un patto con le famiglie il cui motivo ispiratore sarà quello della «valutazione» del lavoro dei docenti. La frase con la quale Renzi ha spiegato il passaggio da un’operazione economica a un’iniziativa morale non tarderà a sollevare polemiche, considerate le promesse distribuite attraverso annunci incontrollati sulla stampa, è la seguente: «La riforma della scuola «non si articola nella stabilizzazione dei precari, è l’assunzione di un patto con le famiglie, con gli insegnanti. C’è un’Italia che chiede di valutare il lavoro degli insegnanti. Poi non sempre condivido quello che dice la Giannini o altri ma questo penso sia un fatto di igiene mentale».
Resta da capire allora in cosa consistano le «coperture dal 2015» vantate ieri in conferenza stampa, una volta assodato – come è stato ribadito da fonti del Miur – che il provvedimento esiste effettivamente. Nessuno ne aveva il dubbio. La tensione non tarderà a divampare se verranno toccati gli «scatti di anzianità» e tutta la carriera docente esistente. Al momento, il patto «con le famiglie» sembra essere fondato sulla necessità di valutare e punire i docenti.