Dal rapporto «Uno sguardo sull’istruzione» 2023 dell’Ocse, presentato ieri al ministero dell’Istruzione a Roma dal ministro Valditara, dal presidente Invalsi Roberto Ricci e da Tia Loukkola (Ocse) risulta che tra il 2015 e il 2022 gli stipendi degli insegnanti dei licei con 15 anni di esperienza sono diminuiti in termini reali in circa la metà di tutti i Paesi dell’Ocse con dati disponibili.

In 7 anni, in Italia i loro stipendi sono diminuiti del 4 %. «Ancora una volta ci confermiamo come fanalino di coda» ha detto il segretario generale Uil Scuola Giuseppe D’Aprile.

Valditara ha parlato anche in questa occasione di «ridare prestigio sociale e autorevolezza alla professione docente».

Per la segretaria Flc-Cgil Gianna Fracassi significa stanziare le risorse per il contratto 2022/24 nella legge di bilancio alla luce dell’inflazione cumulata. Missione ambiziosa visti i margini ristretti a disposizione del governo.

Altro dato del rapporto è quello sull’età media dei professori: il 61% ha 50 anni o di più rispetto ad una media Ocse del 39%. E ci sono 200 mila precari, tra docenti e personale Ata.

Oltre all’aumento degli stipendi, andrebbero fatte le stabilizzazioni, a partire dagli insegnanti di sostegno. Speranze remote visti questi dati: la spesa per la scuola è troppo bassa – il 4,2% del Pil contro il 5,1% della media Ocse.

Il 18 settembre Valditara porterà in Consiglio dei ministri l’ennesima riforma dell’istruzione tecnico professionale. L’assist è stato dato dall’Ocse che, oltre a continuare la tradizionale lotta ideologica contro le «vacanze troppo lunghe» dei docenti, ha registrato l’alto numero degli iscritti in queste scuole (40% tra i 15-19 anni) e i bassi tassi di occupazione.

Non è un problema del mercato del lavoro, ma è colpa della scuola. La si cambia per precarizzare di più i ragazzi. Gli altri – il 22% – senza un diploma, quasi 1 su 5 (il 14% negli altri paesi), staranno peggio.