L’arcipelago dei sindacati di base della scuola si mobilita domani contro i quiz Invalsi di italiano n seconda e quinta elementare (Cobas scuola, Cub e Unicobas) e contro l’impostazione del «Recovery Fund» che riduce l’istruzione al servizio dell’impresa e ridimensione anche l’università e la ricerca a favore dell’immissione in ruolo dei precari, investimenti pluriennali, l’abbandono della Didattica a distanza (Dad) e l’abolizione dei test Invalsi e dell’alternanza scuola-lavoro (Usb, Cobas sardegna, Cub, Unicobas Cib e gli studenti di Osa). Alla manifestazione che si terrà domani davanti al ministero dell’Istruzione a Roma, dalle 10, hanno aderito anche «Priorità alla scuola», il Comitato nazionale precari scuola (Cnps) e i lavoratori autoconvocati della scuola. Non sono mancate polemiche sulla «scelta dei Cobas-Comitati di base della scuola di indire uno sciopero esclusivamente per la scuola primaria» in un’ottica «unitaria e di costruzione di un percorso comune». La scelta, sostengono questi ultimi, deriva dalla decisione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di annullare le prove standardizzate nelle seconde classi delle superiori a causa di una scuola dimezzata dalla pandemia e attualmente al 50% in presenza. In queste condizioni non si capisce perché fare le prove nelle elementari se non per il fanatismo che accompagna da sempre gli ideologi di queste prove concepite per preparare bambini e ragazzi alla mentalità del lavoratore flessibile, just-in-time e precariamente occupabile. «Tale rigidità ha suscitato richieste di sospensione delle prove che sono arrivate al Consiglio superiore della pubblica istruzione. I Cobas chiedono un ripensamento globale di questo sistema. «La convocazione di un tavolo al Ministero dell’Istruzione – sostiene Usb -guarda caso in coincidenza con il nostro sciopero, sa tanto di esercizio muscolare fine a se stesso. Usb pone altre priorità, rispetto al progetto di digitalizzazione della scuola: organici, edilizia scolastica, sicurezza, stabilizzazioni attraverso concorsi per soli titoli, formazione libera e di qualità, un progetto che guardi al futuro del Paese».

Il ministro Bianchi, nel corso di un’audizione alle commissioni cultura riunite di Camera e Senato sulle linee guida del suo ministero tenuta ieri, ha detto che «nei prossimi 10 anni avremo 1,4 milioni di ragazzi in meno ma dobbiamo aumentare il tempo scuola e per questo abbiamo bisogno di più insegnanti». Sembra esclusa una contro-riforma della legge Gelmini (al governo con Bianchi) che ha drasticamente peggiorato questi problemi. Il piano di azione indicato da Bianchi resta fermo agli ideologismi neoliberali «fare aumentare le competenze e la produttività e la competitività; ma anche fare aumentare coloro che possono disporre di queste competenze». Tra questi dispensatori di «competenze» (e non di saperi, tanto meno critici) ci sono i docenti. I precari, quest’anno, batteranno ogni record: oltre 200 mila. Un problema enorme, senza fine. Sul tema Bianchi è stato evasivo. Ha parlato di «fare ripartire anche la macchina delle assunzioni» e ha detto di essere al lavoro, anche con Draghi, per risolvere il problema. I Cinque Stelle hanno subito sparato a palle incatenate contro la stabilizzazione di chi, tra gli altri, ha già più di tre anni di servizio e dovrebbe essere assunto secondo le norme europee.