«La musica è in grado di preservare un momento nel tempo? È possibile, Ross? Secondo te è in grado di mantenere in vita tutte le idee che l’accompagnavano? È in grado di mantenerlo per sempre giovane?»(David Keenan, Memorial Device, p. 256)

I Memorial Device sono l’esperienza artistica più eccitante che sia accaduta ad Airdrie, la cittadina scozzese a pochi chilometri da Glasgow. Lo sono per David Keenan, l’autore del libro This Is Memorial Device, ma lo diventano anche per i lettori di questo allucinato racconto corale, narrazione deflagrante di matrice prettamente alternativa.

PAGINE CULT

Poco importa se i Memorial Device sono una band fittizia, nata dall’ossessione dello scrittore per un momento musicale e sociale idilliaco a inizio anni ’80, ciò che colpisce è la potenza della sua prosa nel costruire un universo perfettamente coerente e nel porre una domanda fondamentale: la musica è in grado di preservare un momento nel tempo?
Edito nel 2017 da Faber&Faber e pubblicato in Italia nel 2020 dalle Edizioni Double Nickels (titolo Memorial Device), questo primo romanzo del giornalista della rivista britannica The Wire si sviluppa attraverso la potenza delle connessioni fra musica e individui, relazioni in cui l’arte è elemento detonante di incontri, sovvertimenti, amori, eccessi, paure, alienazioni.

In poche parole, di vita. Interamente ambientato all’interno della scena post-punk di Airdrie fra il 1978 e il 1986, Memorial Device nasce come un libro e poi diventa un’opera teatrale, con una colonna sonora appena uscita per Domino Records a firma di Stephen Pastel (vero nome Stephen McRobbie) e Gavin Thomson. Un romanzo di culto, complesso nella sua struttura, fulminante nella modalità di racconto, frammentato attraverso una miriade di personaggi non solo credibili, ma dotati ciascuno di una scintilla di anima che li rende a proprio modo indimenticabili. Ma Memorial Device è anche una storia sulla giovinezza, sulle sue esuberanze e sul suo infinito potenziale, su un’attitudine forse oggi scomparsa, quella di vivere in simbiosi con un concetto di creatività totalizzante.

«È vero – confessa Keenan – per me questo libro è una lettera d’amore e di gratitudine per la mia infanzia ad Airdrie. Ma anche una fantasia, perché parla di una generazione un po’ più grande della mia e di come potessero affrontare una vita totalmente dedicata all’arte, alla musica, alla letteratura, vivendo in modo selvaggio e libero. Volevo anche scrivere un romanzo romantico sulla crescita in una piccola città scozzese perché ero, e sono ancora, totalmente stufo delle storie stereotipate che vengono raccontate nella narrativa scozzese sul crescere in questi luoghi, con tutte quelle miserie, le dipendenze da droghe, la povertà e l’alcolismo. È un cliché letterario, mentre io volevo sottolineare il romanticismo, la gioia e il grande sentimento di eccitazione che esisteva in Scozia, specialmente negli anni del post-punk, quando sembrava che l’avanguardia fosse nelle strade delle città della classe operaia». Il suono dell’alternative rock scozzese fa da sottofondo cerebrale alle vicissitudini dei ragazzi di Airdrie, portando il lettore a reimmergersi nelle chitarre new wave degli Orange Juice, nel noise melodico e disilluso dei Jesus and Mary Chain, nel jangle pop degli esordienti Primal Scream. E naturalmente nel twee pop irregolare, entusiasta e sfrontato, inventivo e stralunato dei Pastels, la band capitanata da Stephen McRobbie che nel corso degli ultimi 40 anni ha rappresentato l’emblema del pensiero indipendente di Glasgow.

Oggi Stephen non solo continua a lavorare alla musica dei Pastels, ma è titolare dell’etichetta discografica underground Geographic, supporta in maniera instancabile la scena indipendente della città ed ha aperto Monorail Music, un negozio di dischi che è anche luogo per eventi e incontri culturali.

Keenan e McRobbie sono amici di vecchia data e il primo concerto a cui ha assistito lo scrittore di Airdrie è stato proprio uno dei Pastels, accompagnato dal padre. Da allora le loro strade si sono incrociate innumerevoli volte, portandoli ora alla pubblicazione della colonna sonora per l’adattamento teatrale di This is Memorial Device.

UNICO

«Penso che David sia assolutamente unico – ci spiega Stephen Pastel -. È uno scrittore incredibilmente talentuoso e ha un’energia vitale straordinaria. Abbiamo iniziato a collaborare alla colonna sonora quattro o cinque anni fa, mentre la pièce teatrale era in scena a Edimburgo. Ho letto il libro molto velocemente e ho pensato che la scrittura fosse davvero brillante, splendidamente vivida, con capitoli dalle atmosfere parecchio differenti. Ci sono delle parti che definirei quasi gentili, con un tipo di umorismo alla Bill Forsyth, mentre altre sono piuttosto scioccanti, intrise di una specie di incoscienza giovanile. Per me il libro non è solo nostalgico, è tridimensionale, è il passato ma anche il presente, è una miscela: in parte è un dispositivo commemorativo della mia vita precedente, la prima musica che ho composto all’inizio dei Pastels, ma è anche frutto di ciò che sono adesso».

This is Memorial Device: Music from the Stage Play rappresenta la terza iterazione del libro e prende spunto da registrazioni casalinghe dell’epoca che Stephen ha rielaborato, versioni ampliate della musica originariamente composta per la produzione teatrale vincitrice del premio Fringe First. Le letture originali dal testo sono di Paul Higgins (attore in serie tv come The Thick of It, Line of Duty), che ha interpretato il personaggio principale Ross Raymond. A fianco del leader dei Pastels ci sono Gavin Thomson e un gruppo di collaboratori come Katrina Mitchell, Tom Crossley e John Hogarty.
We Have Sex è il brano post-punk dell’album, quello più crudo e direttamente legato al sound da UK underground di fine anni ’70: un refrain ossessivo e ripetuto che incrocia psichedelia e rock attraverso le maglie dell’energia giovanile. «La Tate o il Guggenheim dovrebbero acquistare We Have Sex per il loro archivio – ci dice David Keenan -. Sono un fan dei Pastels da quando li ho visti dal vivo per la prima volta, da adolescente. Mi hanno ispirato a scrivere e ho pubblicato la mia prima fanzine dopo essere diventato ossessionato da loro, quindi è stato incredibile che fosse Stephen a lavorare su questa musica.

Mi fido completamente della sua visione. Ho dato a lui e a Gavin carta bianca e sono rimasto sbalordito da ciò che hanno prodotto, hanno catturato così tanti umori del libro. La rappresentazione teatrale mi ha sconvolto. È stato folle che Graham Eatough, il regista, sia riuscito a trasformare un libro con così tanti personaggi in uno spettacolo per un solo attore. E Paul Higgins è stato una rivelazione, aveva l’intensità folle e la convinzione ossessiva che serviva. Ho trovato estremamente commovente guardarlo e ho pianto quasi ogni volta che l’ho visto, il che è successo molte volte poiché sono diventato una specie di groupie di Memorial Device, ah ah».

IRIDESCENTE

Accanto all’approccio più punk, l’album presenta brani più in stile Pastels, registrazioni contemporanee intrise di un romanticismo sempre iridescente, malinconicamente legato a Glasgow e Airdrie.

Ci sono sospensioni sonore che si incrociano in maniera sublime con i monologhi del libro, con le voci della pièce, unendo un orientamento minimal a un perfetto intarsio di chitarra, batteria e fiati. Un folk rock made in Scozia puro al 100%.
«Nel 2019 Eatough, il regista, mi ha chiesto di scrivere la musica per una sua lettura all’Edinburgh Book Festival – aggiunge Pastel -. Aveva un budget modesto e ho tirato fuori alcune registrazioni casalinghe che avevo dai tempi dell’adolescenza, trascorsi a suonare, ubriacarmi e prendere acido con un amico adolescente, Corky. Questa musica mi è sembrata molto simile a quella del libro, forse non la musica dei Memorial Device, ma di qualche altro gruppo della stessa scena. Quando sono stato invitato a prendere parte a un adattamento teatrale completo di This Is Memorial Device, con un budget leggermente più alto, ero entusiasta e ho iniziato a lavorare con Gavin Thomson. Abbiamo preso come punto di partenza le jam che avevo fatto anni fa, scrivendo però anche nuova musica. Pochi mesi dopo abbiamo deciso che avremmo provato a fare un disco con quello che avevamo. Ci siamo chiesti se mancasse di contrasti, se rappresentasse eccessivamente la complessità del libro, quando in realtà contiene tante cose diverse. Abbiamo iniziato a cercare visioni differenti ed è diventato chiaro che avevamo bisogno che gli altri Pastels ne diventassero parte, principalmente Katrina (Mitchell, nda) e Tom (Crossley, nda). In alcuni momenti il disco si avvicina a quello che facciamo come band, ma in altri è completamente differente. Si dirige altrove, è come il viaggio in treno per Airdrie, da qualche parte lungo la strada viene tracciata una linea invisibile e sai che non sei più a Glasgow».

ANCHE IL MERCHANDISE

In pochi anni This is Memorial Device è diventato un cult e ha vinto il London Magazine Prize for Debut Novels, con tanto di merchandise comprendente magliette, spille, birre, fan-fiction e audiolibri. Esiste anche l’account X/Twitter non ufficiale dei Memorial Device che attualmente ha oltre 44mila follower e che ha creato una vivace comunità online, ma l’album di Stephen Pastel e Gavin Thomson rappresenta il primo tentativo di catturare il suono effettivo del mondo del libro. «Abbiamo cercato di usare suoni che corrispondessero a quelli degli anni ’80 – prosegue Stephen – vecchie tastiere, voci, tromba e chitarra, il tutto avvolto in una velatura che descriverei semplicemente post-rock».

Proprio questo genere, questa interpretazione di un suono rock ampliato nelle possibilità di composizione, è infatti alla base di un vero movimento che è partito da Glasgow, andando ad assimilare varie esperienze musicali della città. Dai Mogwai agli Arab Strap, dai Delgados ai Belle and Sebastian, dai Ganger ai Life Without Buildings, la città scozzese ha dato spazio a formazioni che hanno unito folk, rock, psichedelia, elementi kraut ed elettronica. Una musica che non è quella raccontata nel libro di Keenan, ma che ne è diretta erede e vi è legata per continuità estetica e senso di appartenenza a una comunità.

CANTIERI E SINDACATI

Aggiunge Stephen Pastel: «Molta della musica di 40 anni fa continua a essere influente, c’era una sorta di libertà di sperimentare, di miscelare elementi musicali con altro che non lo era affatto. Glasgow è una città in cui le persone cooperano, c’è generosità, la gente ama aiutarsi a vicenda. Tradizionalmente è sempre stata una città socialista, per via dei cantieri navali e dei sindacati, e credo che quel quadro cooperativo sia continuato anche in tempi più moderni».
Un’opinione condivisa pienamente da Keenan, che della musica di questo luogo è da sempre affascinato ricercatore e conoscitore: «Tante delle mie band preferite sono di Glasgow. Non vivrei da nessun’altra parte, fornisce così tanta ispirazione come scrittore, anche solo per il rapporto con la lingua di strada. Adoro ascoltare i glasvegiani parlare e raccontare storie, è fantastico, sono narratori nati, esilaranti e acuti».
Il senso di appartenenza a una comunità, sociale e culturale, è appunto determinante nel ruolo che Stephen McRobbie ha assunto in città, non solo come musicista e boss della label Geographic, ma anche come titolare di Monorail Music. In questo spazio, dedicato al supporto fonografico e alle performance sonore, si cerca di dare spazio alla musica locale.
Uno spotlight sull’offerta sotterranea, in divenire, che probabilmente esploderà a livello nazionale nel giro di qualche mese. Ma anche un lavoro di essenziale recupero e diffusione dei capisaldi della moderna storia musicale scozzese, realizzato ad esempio con la Glasgow School e la Geographic. La prima è la pubblicazione in serie di vinili storici della scena indie locale, che ha già visto l’uscita di classici di Vaselines, Life Without Buildings, Mogwai e Camera Obscura. La seconda è l’etichetta a conduzione Pastels, quintessenza di tutto ciò che la scena indipendente dovrebbe rappresentare: un catalogo particolare e selezionatissimo, una proposta originale e non allineata, album bellissimi e soprattutto inaspettati.

UNA BANDIERA

Prosegue Pastel: «Katrina e io siamo riusciti a concentrare le nostre energie nella pubblicazione di dischi che riteniamo magici, meritevoli di attenzione. Abbiamo iniziato con i giapponesi Maher Shalal Hash Baz, sconosciuti a tutti fuorché alle riviste specializzate, perché credevamo nella loro musica e li consideravamo una bandiera per l’etichetta. Poi abbiamo trovato altri artisti qualitativamente affini, da Future Pilot A.K.A. a Bill Wells ed Eugene Kelly, tutta musica molto connessa con noi e con i nostri cuori». Tutte queste attività hanno, nel tempo, distratto l’attenzione dei Pastels dalla propria produzione artistica, che negli ultimi 25 anni si è limitata a una manciata di uscite.

Al capolavoro del 1997, Illumination uscito su Domino, sono seguiti pochi album e collaborazioni, ma la prospettiva del gruppo è di scrivere nuova musica durante questa estate e provare a entrare in studio in autunno. Nel frattempo le attenzioni sono tutte concentrate sul disco This is Memorial Device, su questo riuscito progetto crossmediale in cui teatro, scrittura e musica interagiscono all’unisono attraverso una storia orale allucinata, dove la cultura determinante è quella del do-it-yourself.

DAL BASSO

Nelle pagine del libro di Keenan l’idea che la spinta creativa debba necessariamente partire dal basso, dalle singole potenzialità artistiche, è il punto di partenza essenziale e allo stesso tempo l’elemento fondante di un intero movimento.
Verso la fine del libro il personaggio di Paprika Jones – uno dei coprotagonisti – racconta: «Qualcuno è diventato ‘poeta’, qualcun altro ‘musicista’, ma la cosa bella di una scena locale come quella di Airdrie era che tutti erano così strani in modo originale e senza confini; in pratica era impossibile essere possibili. Questa era la parola d’ordine dell’intera scena».
È difficile trovare una definizione più chiara e incontrovertibile del concetto essenziale che deve ruotare attorno alla creazione artistica, quello dell’originalità. E in effetti il periodo a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 rappresenta ancor oggi un punto altissimo del ripensamento culturale in musica, sospinto da una libertà e un’autonomia creatività che ha assunto proporzioni inizialmente impensabili.

«Penso che la cultura del rock and roll sia essenzialmente morta – conclude David Keenan -. Il ventesimo secolo è passato. Tutto ciò che ci resta sono alcune buone rivisitazioni di cose che sono venute prima, un po’ di musica gratuita e un grande mare di cazzate, per parafrasare il defunto critico rock Lester Bangs. Quando vedo cosa passa per rock e pop al giorno d’oggi, è come se il rock’n’roll non ci fosse mai stato, è tutto così cauto e per nulla sexy. Ci sono solo musichette e musicisti di strada in erba. Sto iniziando a rendermi conto di quanto fossi fortunato a crescere alla fine del ventesimo secolo, con tutta quella cultura incredibile – musica, film, arte, moda, letteratura. Mi dispiace per i giovani di oggi. La cultura che amavo è stata decimata, anche se ci sono ancora band che ci credono davvero».