Nei giorni della crisi di governo è ritornato in uso il nome «Leu», acronimo di «Liberi e Uguali», la lista della sinistra guidata da Pietro Grasso alle ultime politiche: embrione di un soggetto politico che però è subito abortito. In queste ore, dopo il no al governo Draghi di Sinistra Italiana, uno dei partiti fondatori, quel mondo appare ancora più diviso. E tuttavia il segretario di SI Nicola Fratoianni ha rilanciato la proposta ai compagni di Leu: «Facciamo un soggetto politico insieme».

E’ d’accordo?

«Di fronte a un passaggio difficile come la nascita del governo Draghi, si è deciso con Pd e M5S di stare dentro, per difendere le conquiste del governo Conte e per orientare in senso sociale ed ecologista il Recovery Plan», spiega Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Art 1, il partito di Speranza e Bersani. «Abbiamo detto sì a Draghi per combattere insieme una battaglia politica dura. Ognuno ha fatto uno sforzo. E con la costruzione dell’intergruppo tra le forze giallorosse al Senato vogliamo dare una solida base a questo progetto. Sinistra Italiana invece si è chiamata fuori. Ma in una alleanza non ci sono porte girevoli, è come un matrimonio: si sta insieme nella buona e nella cattiva sorte.

Dunque niente partito unico a sinistra del Pd?

Ripeto, se la prospettiva è l’alleanza per lo sviluppo sostenibile di cui ha parlato Giuseppe Conte, non ci può essere chi porta la croce e chi canta la messa. Constato però che i gruppi di Leu in Parlamento nella stragrande maggioranza hanno scelto di votare la fiducia al governo.

Leu però non esiste: sono solo gruppi parlamentari.

Occorre investire nella capacità di questi gruppi di fare politica difendendo gli interessi del nostro popolo. È quello che ci hanno chiesto la Cgil e le associazioni a noi più vicine.

Qual è la prospettiva politica? Volete entrare nel Pd come costola di sinistra?

Dobbiamo lavorare perché l’alleanza decolli. Se è vero che la pandemia cambia tutto, non è possibile che la sinistra italiana resti una foresta pietrificata. Serve una chiamata larga, non solo ai soggetti politici, per la costituente di un grande soggetto di ispirazione eco-socialista, un big bang.

Il Pd però è un partito che non pare volersi sciogliere. Anzi, è un punto di equilibrio della politica italiana. Ed è sopravvissuto persino a Renzi.

Noi non pensiamo ad alcuna confluenza nel Pd, chiediamo di riflettere insieme sulla nuova fase che richiede identità forti, le diseguaglianze si sono aggravate, ci sono interessi che chiedono rappresentanza e, ad oggi, a sinistra nessuno è in grado di farlo adeguatamente.

Se il Pd dovesse restare quello che è cosa farete?

Vedo dentro il Pd una pulsione a tornare indietro, a mettere in discussione l’alleanza giallorossa. La levata di scudi da parte degli ex renziani contro l’ipotesi di candidatura di Conte a Siena è stata sconcertante.

Immagina una scissione del Pd, con la sinistra che torna a fare la sinistra?

La segreteria di Zingaretti aveva suscitato speranze, sembrava aprirsi una fase nuova, la fine del partito piglia tutti, l’ipotesi di rimettere la sinistra sui binari giusti. Questo tentativo ora è messo fortemente in discussione da dentro il Pd. E’ una battaglia che non ci vede neutrali. Anzi.

Dunque il tema di un soggetto a sinistra dei dem si ripropone?

Se non ci saranno le condizioni per questo big bang di tutta la sinistra , le forze che fanno riferimento a Leu insieme ad altri dovranno organizzarsi, per dare rappresentanza a chi si sente escluso, ma dentro l’alleanza con Pd e M55, già a partire dalle amministrative. Abbiamo detto sì al governo Draghi per tenere unito questo fronte.

Pagando il prezzo di governare con i leghisti.

È un passaggio transitorio, abbiamo risposto a un appello del Capo dello Stato ma anche agli impulsi dei mondi più vicini a noi. Una sinistra che si separa dai suoi riferimenti sociali è un’astrazione, è solo estetica del dissenso. Io sto con Roberto Speranza che, dentro il governo, difende faticosamente il principio che la salute viene prima del mercato. Non mi pare poco.