«Ecco che uno si distrae al bivio, si perde. E chi gli dice ’Prendi da questa’ e chi ’Prendi da quest’altra’. E uno resta là, stordito. Aspetta che le gambe si muovano da sole». È la fine di un intrigante racconto scritto da Rocco Scotellaro a vent’anni, in cui il protagonista Ramorra resta interdetto davanti alle scelte della vita. È uscita la nuova edizione di Al bivio – La giovane scalmana di Rocco Scotellaro, la riproposizione «a fumetti» del racconto Uno si distrae al bivio. Ne è autore Giuseppe Palumbo con tavole (alcune riproposte in queste pagine) su cui dovremo ritornare.

Ma ciò che occorre dire, sull’onda dell’indecisione esistenziale del giovane Ramorra, è che questo centenario può andare ben oltre una ricorrenza come le altre. Interroga la società civile – che non è innocente come raccontano demagoghi che in fondo non la amano ma la usano – sul senso da dare alla propria cittadinanza. Interroga i pubblici poteri (a lato un’intervista Paolo Paradiso, nuovo sindaco Pd di Tricarico eletto il mese scorso) sulla loro responsabilità in questa epoca di passaggio storico.

È una metafora che calza a puntino non solo per Tricarico o la Basilicata ma per l’Italia e l’Europa. Sono anni che si resta bloccati al bivio delle scelte, incapaci persino di pensare al futuro. E sì che nella vita non si inizia mai d’accapo. C’è un passato che aiuta (può anche rovinare se diventa passatismo reazionario) se solo uno sa ricavarne il giusto concime per il futuro. Parliamo di quel grande laboratorio che fu la Basilicata (e Tricarico) negli anni 50 del secolo corso. Un’ondata di antropologi, scrittori, fotografi, cineasti, anche stranieri che scelsero, sulla scia del grande successo avuto dal libro di Carlo Levi Cristo si è fermato a Eboli, questa terra come studio e ricerca di senso. Certo, bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro per farne due avanti. E allora perché non provare a chiedersi cosa sarebbero una ricerca e uno studio moderni? Con lo stesso spirito di allora ma rispondendo ad altre domande: perché il progresso messo in moto in quegli anni si è da tempo inceppato? Perché produce sbandamento, perdita di senso del vivere, nuova e devastante emigrazione per quelle che una volta si chiamavano aree interne? Perché non vedere insomma se quelle analisi di Ernesto De Martino, Ann Cornelisen, George Peck, Friedrich Friedmann, John Davis, Manlio Rossi Doria, Edward Banfield e tanti altri, o le lotte sociali e politiche di allora possono ancora dirci qualcosa oggi?

Ecco, con questi e altri argomenti si comincia a scendere in profondità nel centenario di Rocco Scotellaro: il convegno del 26, 27 e 28 giugno prossimi tra Tricarico e Matera (a lato pubblichiamo l’intervento di Giulia Dell’Aquila, una delle curatrici dell’incontro, e un pezzo di Pier Giorgio Ardeni che anticipa la sua prolusione al convegno) rappresenta la prima tappa importante di studio approfondito sul poeta e sul suo (e nostro) tempo. Altri ne seguiranno nel corso dell’anno mentre è opportuno cominciare a porsi più di una domanda su questa vera e propria esplosione di interesse per il giovane poeta e politico. Mentre scriviamo c’è a Tricarico la manifestazione, promossa dalla Cgil, su «La Costituzione attraverso la poesia di Rocco Scotellaro», ma ormai non si contano più le iniziative (noi possiamo segnalare solo quelle più interessanti) ovunque in Regione ma anche in alcune città della penisola (Roma, Parma, Pisa). Tante altre sono annunciate. È un interesse che solo qualche mese fa sarebbe stato inimmaginabile. Probabilmente perché la richiesta di senso e di impegno collettivo che spesso in modo del tutto sotterraneo percorre la società cerca agganci in chi ha toccato le corde della sensibilità ma non trova quelle dell’organizzazione politica adeguata a rendere concreti i sogni inespressi. E dunque, per tornare alla metafora scotellariana, al bivio del passaggio d’epoca che viviamo, i nuovi amministratori del paese di Rocco si perderanno? E la società civile, imprigionata in logiche privatistiche che la mortificano, si perderà anch’essa?

Al bivio delle scelte che mano a mano si fanno più impellenti, il valore del centenario di Rocco Scotellaro comincia a delinearsi proprio in questo: non ci sono più alibi per nessuno. Chissà, forse la piccola pietra lanciata tempo fa (questo giornale può tranquillamente encomiarsi per aver fatto da apripista) comincia a diventare una valanga. Per noi sarebbe meglio se diventasse uno spartiacque.

Il convegno
Il convegno internazionale di studi «Rocco Scotellaro: un intellettuale ’contadino’, scrittore oltre la modernità» è il primo grande incontro di approfondimento nel centenario dedicato al poeta e politico di Tricarico. Coordinato da Franco Vitelli, il maggior studioso di Scotellaro, con l’aiuto di un comitato scientifico composto da Giulia Dell’Aquila, Goffredo Fofi, Giuseppe Appella e Sebastiano Martelli, il convegno parte il 26 giugno a Tricarico (Auditorium comunale) e prosegue il 27 e 28 a Matera (Sala Open Space).

Trentatré studiosi (per il programma completo vedere il sito di Apt Basilicata) cominceranno a fare il punto non solo sul giovane artista e politico ma sulla sua eredità oggi. Dal rapporto con la civiltà contadina del tempo (ne riferiranno Pier Giorgio Ardeni e Marcello Flores) alla lotta contro l’analfabetismo (Marco Rossi Doria), dallo sviluppo italiano di quegli anni (Carmine Pinto), all’excursus nell’antropologia (Stefano De Matteis), dall’accostamento tra Scotellaro e Leogrande (Marco Gatto) all’analisi della sua poetica (Salvatore Ritrovato), dal rapporto con altri scrittori come Fortini, Pavese e Fenoglio (Massimo Natale e Valter Boggione) al problema dell’emigrazione (Martino Marazzi), dall’analisi di due sindaci eccezionali come Ernesto Nathan Rogers e Rocco Scotellaro (Mauro Saito). E poi tante altre incursioni in un discorso critico sull’autore che avrà altre tappe più specifiche, da settembre in poi, incentrato su Scotellaro-Mezzogiorno – nell’arte, nel cinema, nel punto di vista degli scrittori odierni. E con l’attesa novità della pubblicazione dei suoi taccuini inediti

Il sindaco di Tricarico, oggi
Paolo Paradiso è stato eletto sindaco nel paese di Rocco Scotellaro nel centenario della sua nascita.

Una bella responsabilità o una pura casualità?
Direi una grande responsabilità che il caso ha fatto ricadere in occasione del centenario della nascita di Rocco Scotellaro.

Tricarico, come i paesi della Valle circostante, è in un periodo brutto della sua storia: emigrazione giovanile, decadenza sociale oltre che amministrativa. Quale è la tua idea per uscire da questa palude?
Viviamo una grande crisi demografica: poche nascite, giovani che, pur svolgendo studi universitari in Basilicata, si ritrovano a dover andar via, e finanche pensionati ancora attivi che lasciano la nostra terra per andare a vivere con figli e nipoti al nord. La ricetta non può essere di un comune solo; penso che se ne possa venir fuori innanzitutto con politiche nazionali adeguate e regionali di sostegno ai servizi e non ulteriore depauperamento; infine come paese pensiamo ad una sorta di zona economica giovanile atta a sgravare fiscalmente i giovani che decidono di fermarsi o rientrare a Tricarico per lavoro.

Il paese soffre uno stato di stagnazione soprattutto nel campo dell’agricoltura e in quello della vivibilità del suo centro storico. Eppure il segreto di un progresso vero è proprio nell’unificazione della cultura materiale e di quella artistico-simbolica. Cosa ne pensi?
La mia lettura è leggermente diversa. C’è voglia di rinascita sia in campo agricolo che produttivo ma non sempre le condizioni infrastrutturali favoriscono tale sviluppo: dovremo essere bravi a crearne o potenziarle lì dove occorre. Per quanto riguarda il centro storico la situazione è complessa: la sua estensione è notevole: ripopolarlo non è semplice sia per il forte calo demografico sia perché le abitudini odierne non sempre si conciliano con la quotidianità di viverci. La consapevolezza di avere un grande patrimonio architettonico, artistico e culturale è forte nei tricaricesi ma non abbiamo avuto la capacità di ottimizzarla. Bisogna metterla in rete, in ogni senso.

I giovani vanno via per il lavoro ma non solo. Qui è difficile vivere perché i servizi non ci sono o sono insufficienti. Manca insomma una dimensione «metropolitana» che rilanci il territorio, ben oltre la cinta di Tricarico. Come invertire questa tendenza?
Esattamente. Occorre che i paesi della «vallata» inizino a «fare squadra»; bisogna stare insieme pur conservando le specifiche identità. Non possiamo più pensare di stare arroccati e pensare di essere migliori di chi ci sta di fronte. Occorre parlarsi e condividere azioni e idee. Forse ognuno di noi potrebbe perdere un pezzetto di qualcosa per permettere a ciascuno di preservarsi e rilanciarsi. Esiste una Unione di Comuni da poco costituita, da lì bisogna partire.

Il Centro di Documentazione dedicato a Rocco Scotellaro è chiuso da un po’ di tempo e del resto negli anni in cui è stato aperto non ha brillato come struttura forte in grado di «parlare» alla pari con altri Centri culturali dedicati a scrittori in Italia e in Europa. Come intendi rilanciarlo?
Il Centro Documentazione ha svolto un importante ruolo di riferimento regionale, nazionale e internazionale per gli studi su Rocco Scotellaro e il mezzogiorno del secondo dopoguerra. Esiste un regolamento a cui daremo seguito a breve perché non possiamo far trascorrere ulteriore tempo senza che ritorni operativo. Poi vedremo, dovesse servire, se modificare la forma della struttura. Vogliamo dare vita a un parco letterario ma l’ambizione più alta è far nascere la fondazione «Rocco Scotellaro».

Il Pd, il tuo partito, non è messo bene. È vero che è uno dei pochi partiti strutturati ma in modo assolutamente insufficiente. Non c’è vita sociale in esso, esclusi rari momenti. La società, reclamata sempre ad ogni elezione, ritorna nella sua solitudine subito dopo.
Sono rientrato nel Pd da qualche anno dopo averne fatto parte per un lungo periodo e il motivo è legato alla necessità di animare politicamente la comunità e far parte di una discussione territorialmente più ampia. Purtroppo il tempo e lo spazio per dibattiti «su cosa e come» affrontare le sfide di una comunità è venuta meno sostituita dalla banale pseudo denuncia social di fatti e avvenimenti; inoltre la discussione nel Partito è troppo spesso finalizzata solo a posizionamenti e riposizionamenti. Bisogna avere la capacità di affrontare i temi in maniera complessa, perché così sono, ma con parole semplici e azioni quotidiane vicine a chi si trova ad affrontarle.