Un sogno a occhi aperti. Non può definirsi altrimenti quel caos temporale che rende tutto possibile, anche l’incontro con un mammuth o un bisonte, che invece di muoversi pigramente lungo le sconfinate praterie americane abita fra le quattro mura di casa tua. È lì, onirica presenza dovuta allo scorrere disordinato della macchina del tempo, avanti e indietro, e poi ancora invertendo la marcia.

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Il segreto del successo di Richard McGuire e del suo Here (così uscì nel 1989, graphic novel sconvolgente, in poche pagine, pubblicata sulla rivista di fumetti Raw) è tutto nello spiazzamento del lettore e insieme in quel suo rassicurarlo con un ammiccamento alla memoria personale. Qualsiasi cosa fosse accaduta o stia per accadere, si sarebbe manifestata fra le pareti del proprio salotto. O di quello di una zia amata. In uno spazio domestico, dove la Storia finisce per fare una breve sosta, disegnata rigorosamente in bianco e nero. Si parte da piccoli gesti quotidiani per allargare l’orizzonte: 36 strisce per narrare ed etichettare il mondo (affettivo, sociale, economico, politico). Un fumetto rivoluzionario, Here, che utilizzava un dispositivo della comunicazione molto elementare ma assai potente: a segnalare lo slittamento cronologico, c’era solo una piccola data in un riquadro – 1624, 957, 1995, 2007 – mentre le azioni quotidiane continuavano imperturbabili a svolgersi, sul divano, davanti la tv, sul tappeto, alla finestra.

Ma perché tornare a occuparsi di un libro che conta sulle sue spalle quasi sedici anni di vita? Perché è rinato, in veste coloratissima, portato in Italia nella sua «taglia» espansa da Rizzoli Lizard (Qui, pp. 305, euro 25). E oggi, alle ore 15.30, l’americano Richard McGuire – eclettico attore della scena contemporanea, autore e regista nei film Loulou et autres loups e Peur(s) du Noir, ideatore di una linea di giocattoli e bassista della band Liquid Liquid – sarà in Italia in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino, nell’Arena Bookstock, per presentare Qui con Walter Siti.
La malia che sprigiona dalle sue pagine non ha perso smalto.

Il luogo «parlante» – inutile negare che abbia qualcosa anche di autobiografico – è un angolo di salone di una casa tipicamente americana e possiede il medesimo fascino degli interni di Edward Hopper. Si popola d’improvviso di figure che agiscono, raccontando in frammenti un mondo per certi versi sparito, per altri ancora percorribile. Le «visioni», come in una lanterna magica che gira velocemente, si sovrappongono, si sdoppiano, si cedono il passo. Ècome se ci fosse una camera fissa millenaria a riprendere quel vorticoso succedersi di avvenimenti.

McGuire ha confessato di aver avuto l’idea per questa graphic novel guardando le targhe commemorative sulle facciate dei palazzi che ricordavano personaggi famosi vissuti proprio lì.