Il presidente della giunta regionale Francesco Pigliaru (Pd) contro il presidente del consiglio Paolo Gentiloni e contro il ministro per i beni culturali Dario Franceschini; l’assessore all’urbanistica Cristiano Erriu contro il sovrintendente al paesaggio di Cagliari Fausto Martino. Sull’edilizia e sulla difesa delle coste della Sardegna dalla speculazione edilizia è scontro istituzionale. Scontro aperto e duro. L’esecutivo regionale sardo fa approvare dal consiglio una legge quadro sull’edilizia e il consiglio dei ministri la impugna di fronte alla Corte costituzionale perché violerebbe diverse norme della Carta. Per palazzo Chigi, più esattamente, alcuni passaggi del provvedimento impugnato «prevedono interventi che si pongono in contrasto con le norme fondamentali in materia di paesaggio contenute nella legislazione statale, eccedendo dalle competenze statutarie attribuite alla Regione Sardegna dallo statuto speciale di autonomia e violando l’articolo 117 della Costituzione, che affida allo stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali». Al di là delle questioni giuridiche, dagli ambientalisti la legge – che interviene in diversi campi, dalle varianti di progetti edilizi in corso d’opera ai mutamenti di destinazione d’uso, sino ai Piani urbanistici comunali – è contestata soprattutto perché prevede che al demanio possano essere sottratti, in particolari circostanze, gli usi civici, con rischi facilmente intuibili.

Ma non c’è solo questo. La bocciatura del governo arriva dopo settimane di polemiche su un altro progetto della giunta Pigliaru: un decreto legge sull’urbanistica avversato da tutto il fronte ambientalista, nazionale e regionale. Due i motivi del no: primo, il decreto prevede un aumento di cubature degli alberghi entro la fascia dei trecento metri dal mare, che il Piano paesaggistico regionale (Ppr) tutela dall’aggressione del cemento; secondo, in presenza di progetti di costruzione che abbiano, a giudizio dell’esecutivo regionale, «rilevante interesse economico e sociale», presentati da grandi holding dell’edilizia, il decreto consente alla giunta di dare il via libera alla violazione di tratti di costa sinora incontaminati.

Sotto attacco, Pigliaru ha reagito alla bocciatura della legge sull’edilizia scrivendo una lettera al premier Gentiloni per «esprimere profondo disappunto» contro le dichiarazioni della sottosegretaria ai beni culturali, Ilaria Borletti Buitoni, che all’illustrazione delle ragioni di merito costituzionale che hanno portato alla decisione del governo di impugnare la legge aveva aggiunto una notazione di ben altro segno: «La sciagurata linea in cui il paesaggio viene visto soltanto come un vuoto a perdere è stata riproposta malgrado la discontinuità politica registrata con il passaggio dalla giunta Cappellacci (Pdl) alla giunta Pigliaru (Pd)». Pochi giorni dopo, Pigliaru ha pareggiato i conti con Palazzo Chigi impugnando a sua volta, davanti alla Corte costituzionale, alcune norme del decreto legislativo dello scorso 16 giugno «in materia di valutazione di impatto ambientale (Via) di progetti pubblici e privati». Di fatto, la giunta contesta le disposizioni che consentono allo Stato di assumere un ruolo esclusivo in materia di Via: sull’ambiente e sul paesaggio Roma non può decidere senza concordare con Cagliari.

Insomma, una battaglia tra governo e Regione – e dentro il Pd – a colpi di ricorsi presso la Consulta. E come se non bastasse, insieme con la lettera di Pigliaru contro Borletti Buitoni è partita una missiva dell’assessore Erriu, indirizzata a Franceschini, contro il sovrintendente Martino, accusato di avere tenuto «un comportamento inappropriato per un alto funzionario dello Stato nei confronti dell’istituzione regionale, esprimendo pareri di merito sulle scelte politiche della giunta». Dalle segnalazioni di Martino è partita la procedura, poi istruita da Borletti Buitoni e da Franceschini, che si è conclusa con l’impugnazione della legge sull’edilizia. «Martino – dicono a nome della Consulta sarda per l’ambiente l’archeologa Maria Antonietta Mongiu e l’architetto Sandro Roggio – non ha fatto altro che compiere il suo dovere».