La cinese Shuanghui International Holdings Ltd. ha accettato di pagare 34 dollari per azione della Smithfield, la più grande azienda in tema di allevamenti di maiali e trasformazione della carne. Si tratta della più grande acquisizione cinese di un’azienda americana e sottolinea la volontà di Pechino di ricercare asset sicuri in giro per il mondo. Incluso il debito, l’affare – secondo i media finanziari internazionali – finirebbe per valutare l’azienda della Smithfield, in Virginia 7,1 miliardi di dollari. E tutto questo accade proprio nel momento in cui in Cina 480 miliardi di dollari si ritrovano da tre mesi «senza padrone».

È un caso davvero senza precedenti e uno dei tanti esempi, anche, della schizofrenica informazione sulla Cina. Mettiamola così: fino a qualche mese Lou Jiwei, ex presidente della China Investment Corp (Cic), detentrice dei 480 miliardi di dollari di cui si accennava, era forse l’uomo più «ricercato» al mondo da tutti i paesi e ministeri delle finanze e delle economie.

I limiti dell’informazione mondiale

Era suo il potere di decidere dove dovessero andare i soldi del Dragone, negli investimenti in giro per il mondo. Con il ricambio governativo Lou è diventato ministro delle finanze e da quel momento il fondo sovrano cinese è senza guida. Due dati: da un lato tutta l’informazione mondiale così pronta a sottolineare le richieste, specie europee, vedi Italia, pare scomparsa di fronte a questa notizia. Il secondo dato – politicamente ben più succulento – è la straordinaria lotta di potere che in mancanza di altri posti vacanti si è aperta sulla posizione. Un ruolo che fa gola: significa gestire un potenziale di denaro e di direzioni da prendere non da poco. E proprio lo scontro sta, fino ad ora, bloccando la risoluzione del caso. Anche perché c’è un paradosso: secondo una fonte bene informata interna al Cic, come riportato dal Financial Times, qualche potenziale candidato che forse avrebbe messo d’accordo tutti, avrebbe gentilmente declinato l’offerta. Perché?

Non tutti i conti sono in regola

Perché forse il China Investment Corp, oltre ad una grande mole di denaro non ha proprio tutti i conti in regola e forse non tutti scelgono di scambiare l’onore della posizione, con l’onere di ritrovarsi a gestire una situazione nella quale i venti politici potrebbero non portare proprio in luoghi sicuri.
Sul banco delle accuse, fanno trapelare gli ambienti finanziari cinesi, due dei primi investimenti di Cic – ovvero le partecipazioni in Morgan Stanley e nella società di private equity Blackstone – che avrebbero provocato perdite non da poco in concomitanza con la crisi finanziaria del 2008.

Papabili e «criteri»

Mentre alcuni degli investimenti meno pubblicizzati, nel ramo immobiliare e in altre aziende di private equity, avrebbero dato risultati negativi. E così prosegue il balletto. Tra i nomi «papabili» il numero due del Cic, Gao Xiqing, che pare sia il favorito. «Eppure – specificava il South China Morning Post, citando una fonte interna al fondo sovrano cinese – il fatto che Gao abbia studiato all’estero potrebbe ostacolare qualsiasi promozione possibile».

Secondo le formule e le procedure di assunzione per quanto riguarda questo tipo di incarico, sembra infatti che esista una regola non scritta che squalifica chiunque studi all’estero fuori da un programma ufficialmente riconosciuto, «cosa che non gli permetterebbe – rivelano sempre fonti cinesi – di essere nominato per un incarico di governo a livello ministeriale».