Il ddl Zan sarà il testo base che servirà a discutere le nuove norme contro l’omotransfobia. E’ l’unico risultato utile raggiunto nella riunione dei capigruppo di maggioranza in commissione Giustizia che si è tenuta ieri al Senato nel tentativo di arrivare a una mediazione. Su tutto il resto, infatti, la distanza tra quanti sostengono il disegno di legge già approvato dalla Camera e chi vorrebbe modificarlo, resta abissale. Situazione che rischia ora di rendere sempre più concreta la possibilità che un testo atteso da 25 anni (il primo ddl, presentato dall’allora deputato Nichi Vendola, risale al 1996), possa naufragare ancora una volta. Martedì 6 luglio i capigruppo torneranno a riunirsi per decidere la calendarizzazione del ddl nell’aula del Senato. Nel frattempo Italia Viva, Lega e Forza Italia presenteranno alcuni emendamenti al testo prima del suo arrivo in aula, cosa che potrebbe accadere il 13 luglio.

Che nella riunione non ci sarebbe stato molto spazio per le mediazioni lo si sapeva fin dall’inizio. Troppo distanti le posizioni tra chi, come Lega e Forza Italia, chiedono da sempre di mettere pesantemente mano al testo sia aggregandolo al ddl presentato dal centrodestra, che cancellando, tra l’altro, la creazione di reati specifici lasciando solo le aggravanti. Posizione che si è rafforzata con la recente nota con cui il Vaticano ha ventilato presunte violazioni del Concordato. Sul fronte opposto Pd, LeU, M5S e Autonomie continuano invece a chiedere di andare avanti con il ddl Zan senza modificare nulla, così come uscito otto mesi fa dalla Camera.

Fronte reso però più debole dalla posizione di Italia Viva che dopo aver votato il testo a Montecitorio, ha poi fatto marcia indietro chiedendo di aprire un confronto con la Lega. «E’ importante che il ddl Zan abbia un iter veloce e sicuro per non impantanare il Senato che dovrà trattare ad ora sette decreti prima della pausa estiva», ha spiegato ieri il capogruppo Davide Faraone. «In ogni caso – ha aggiunto – se non dovesse trovarsi un’intesa, Italia Viva conferma che voterà per portare in aula la legge».

Sono due gli articoli del ddl Zan che il partito di Renzi vorrebbe modificare con altrettanti emendamenti: l’articolo 1, per arrivare a una riscrittura della definizione di «genere», e l’articolo 7, che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia con iniziative anche nelle scuole. Iv chiede che sia scritto in maniera più esplicita quanto già previsto dalla legge, vale a dire che viene rispettata l’autonomia scolastica, rispondendo così a una delle critiche espresse dal Vaticano. Sempre Italia Viva, infine, con un terzo emendamento chiede di abolire l’articolo 4 che garantisce la libertà di espressione, articolo ritenuto ridondante visto che si tratta di un principio già tutelato dalla Costituzione.

«Vedremo martedì se ci sarà un’ipotesi condivisa. Io sono ottimista», dice al termine della riunione il leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia e relatore della legge. Nel frattempo si naviga letteralmente a vista: «L’unica cosa certa è che martedì 6 luglio alle 16,30 si vota il calendario», spiega la capogruppo di LeU al Senato, Loredana De Petris. «Per noi è un passo in avanti che gli altri gruppi abbiano accettato che si parta dal ddl Zan».

Per arrivare dove è però tutto da vedere. E’ scontato infatti che, una volta in aula, visti i temi affrontati dalla legge, da più parti verrà chiesto di procedere con il voto segreto, dando così inizio al balletto dei numeri. Sulla carta il testo potrebbe passare con 168 senatori favorevoli contro 151 contrari, ma è chiaro che il centrodestra farà di tutto per far passare almeno uno degli emendamenti proposti, sia suoi che presentati da Italia Viva. Rispedendo così il testo alla Camera, dove l’iter per la sua approvazione dovrebbe di fatto ricominciare daccapo.