A che serve uno sciopero generale contro il Jobs act, dopo che il governo avrà approvato il provvedimento al Senato entro questa settimana?» Per i movimenti che il 14 novembre scorso hanno costruito lo «sciopero sociale» in tutto il paese, il 12 dicembre fissato dalla Cgil e la Uil «è troppo tardi». Per questo hanno scelto di «circondare il Senato» domani, mentre l’aula sarà impegnata nella discussione sul provvedimento. Oggi è previsto il suo incardinamento e il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità. La nuova mobilitazione è stata decisa domenica scorsa nel corso di un’affollata assemblea nazionale che si è tenuta all’Ex Asilo Filangieri di Napoli, ma era stata annunciata nel corso di un blitz realizzato mercoledì 26 novembre al ministero del lavoro e delle politiche sociali in via Veneto a Roma.

L’appuntamento è alle 10 alla fermata metro del Colosseo. La partenza del corteo a cui parteciperanno i sindacati di base alle 11.30 verso piazza Sant’Andrea della Valle. Saranno importanti i numeri, ma visti i tempi ridotti imposti dal governo all’approvazione del Jobs Act, ci saranno probabilmente anche iniziative dislocate in altre città. Alle 70 mila persone e più che il 14 novembre hanno partecipato allo sciopero sociale è stato rivolto l’appello ad arrivare a Roma domani per realizzare una protesta molto simile a quella del movimento spagnolo M15.

Si vuole così dimostrare che i precari sono volti e hanno una storia che verrà penalizzata dal contratto a tutele crescenti – oggetto della prima delega che l’esecutivo intende approvare dopo l’ok definitivo al Jobs Act. Questo contratto vincola l’assunzione a tempo indeterminato alla cancellazione dell’articolo 18 e alla concessione delle tutele in base all’anzianità di servizio. Più il precario avrà lavorato, più gli verranno concessi i diritti del lavoratore dipendente. Un percorso a ostacoli che sarà vincolato rigidamente alle esigenze economiche delle imprese. O a quelle delle agenzie interinali.

Lo ha confermato ieri l’agenzia di rating Moody: come la «garanzia giovani» anche il Jobs Act darà una mano a Adecco e Manpower «per migliorare i loro margini di profitto in una riforma che aumenta l’uso dei lavoratori a termine». Per i precari sono previste tutele a scadenza in cambio di un contratto a tempo indeterminato. A guadagnarci saranno i soggetti privati dell’intermediazione di manodopera.

Da ieri mattina in rete, lo strumento principale di comunicazione di questo movimento, è scattata il tam tam che ha rilanciato queste parole: «Circondiamo il Senato, portiamo la voce e la rabbia del paese reale che non abbassa la testa di fronte alla dittatura finanziaria». In piazza ci sarà anche Rifondazione Comunista che lancia un ponte tra la mobilitazione di domani e quella dello sciopero generale del 12 dicembre: «Contro il governo serve la più ampia mobilitazione possibile» sostiene il segretario Paolo Ferrero.

Sul rapporto tra la mobilitazione per lo sciopero sociale (considerato un «processo» e non una «scadenza») e quello generale dei sindacati si è a lungo discusso nel corso dell’assemblea napoletana. C’è chi critica i sindacati «concertativi» che non hanno saputo contrastare la precarietà, ma anche chi osserva che lo sciopero generale è il segno della crisi del collateralismo politico tra Pd e Cgil. Una crisi che ha permesso la crescita di un movimento di opposizione sociale al Jobs Act. Con questa opposizione sociale e sindacale lo «sciopero sociale» intende consolidare un rapporto. La discussione sulla partecipazione allo sciopero del 12 resta aperta.
A gennaio è stata annunciata un’assemblea nazionale dello sciopero sociale.