La fanfara renziana lo ha già ribattezzato lo sciopero-ponte, visto che venerdì 5 dicembre cade a tre giori dall’Immacolata. Nell’idea perversa del paese che hanno gli intimi del premier, i lavoratori che non andranno al lavoro quel giorno – rinunciando dunque al salario – lo faranno per potersi godere una vacanza di ben quattro giorni in qualche località sontuosa.

La scelta della data proposta da Susanna Camusso e votata con tre soli voti contrari dal direttivo della Cgil ieri mattina è invece figlia di una volontà unitaria nei confronti di Cisl e Uil. Lo spostamento dall’iniziale proposta di venerdì 12 dicembre è infatti dovuta alla volontà di dare forza allo sciopero unitario del comporto pubblico, fissato – anche se non ancora proclamato – dai segretari generali delle varie federazioni di Cgil, Cisl e Uil proprio per il 5 dicembre. A testimoniarlo c’è l’ultimo paragrafo del documento approvato dal Direttivo. «La Cgil plaude con convinzione alla scelta dei sindacati dei comparti pubblici di proclamare per il prossimo 5 dicembre uno sciopero generale unitario. Per questo il Direttivo sceglie di stare e sostenere l’unità delle categorie dei pubblici e proclama per venerdì 5 dicembre uno sciopero generale di 8 ore di tutti i settori pubblici e privati, rivolgendo nel contempo un appello a Cisl e Uil perché tale occasione possa costituire l’opportunità di un momento di mobilitazione unitaria e generale», si conclude il documento.

Ma mentre è in corso il Direttivo Cgil accade che il ministro Marianna Madia convochi i sindacati per lunedì 17 e che Cisl e Uil decidano di ritirare lo sciopero. «La convocazione è certamente un fatto positivo, ma riguarda solamente la riforma della pubblica amministrazione e non il rinnovo del contratto o la legge di stabilità – specifica Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil – . Per questo noi non cambiamo la nostra decisione e auspico e mi impegno perché non lo facciano nemmeno i comparti pubblici e della conoscenza di Cisl e Uil».

Da parte di Cisl e Uil arriva però subito la marcia indietro. «Dopo la grande manifestazione di sabato scorso, per noi l’oggetto del confronto con il governo resta, oltre alla riforma della pubblica amministrazione, il rinnovo del contratto per tutti i dipendenti pubblici», commenta il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, giudicando «positiva» la convocazione da parte del ministro Madia e di fatto declinando l’invito della Cgil ad aderire allo sciopero generale del 5 dicembre. «Qualcuno ci chiede di ascoltare la piazza: noi l’abbiamo ascoltata bene. E dalla piazza è giunta la richiesta di rinnovare il contratto del pubblico impiego, di accogliere le rivendicazioni dei pensionati e di verificare cosa ci sia di utile o dannoso per i lavoratori nella legge di stabilità e nel Jobs Act», dice il segretario generale aggiunto Uil, Carmelo Barbagallo. «La convocazione a Palazzo Chigi è un passo importante che, ora, va verificato nel merito. Se il governo non ha premura di compiere atti unilaterali, noi non abbiamo premura di proclamare scioperi», dice ancora Barbagallo: «Vediamo prima se esistono margini per aprire una trattativa vera su pubblico impiego, pensioni, legge di stabilità e sul Jobs Act», conclude lasciando la porta minimamente aperta.

Per Camusso invece il governo ha già deciso. «Siamo sempre pronti a farci stupire dagli effetti speciali ma dubito che il governo si stia accingendo a decidere un cambiamento strutturale della legge di stabilità. Per questo penso che dobbiamo continuare a sostenere la nostra mobilitazione, rafforzando le iniziative unitarie ma dandogli una impronta generale», ha detto annunciando lo sciopero. Sciopero che sarà articolato a livello territoriale con un centinaio di manifestazioni previste che avrà «il tratto di una forte e diffusa articolazione, sia nelle forme, sia per i soggetti cui sono rivolte, con particolare attenzione sia a proseguire la campagna di assemblee nei luoghi di lavoro e sul territorio che è stata la chiave di volta della imponente partecipazione alla manifestazione del 25 ottobre, sia a promuovere una nostra specifica iniziativa – i cosiddetti “scioperi alla rovescia” – al servizio dei cittadini, soprattutto in quelle realtà territoriali oggi duramente colpite in coincidenza con una condizione meteorologica disastrosa», recita il documento Cgil.

Lo sciopero ha quindi avuto l’effetto di compattare completamente la Cgil. A testimoniarlo l’intervento di Gianni Rinaldini, fino al congresso leader della minoranza. «Il successo del 25 ottobre dimostra come la Cgil è l’unica organizzazione di massa che può dare un senso alla democrazia in Italia e opporsi alla precarizzazione del lavoro voluta da Renzi in una situazione assolutamente pericolosa, con un forte rischio demagogia e razzismo, come dimostrano i segnali evidenti degli ultimi giorni. Detto questo però – continua Rinaldini – dopo la mobilitazione la Cgil deve aprire una fase nuova: lo sfarinamento delle controparti ci impone di rividere la nostra politica e la nostra organizzazione», chiude Rinaldini.