Lo sciopero generale della logistica convocato ieri in tutto il paese dai sindacati di base Si Cobas, Adl Cobas e Cobas lavoro privato è riuscito. Da Torino a Roma e Bologna, in Veneto o in Friuli, le mobilitazioni dei facchini in maggioranza immigrati sono iniziate verso le 4 del mattino. Alle cinque i camion in entrata e in uscita dall’Ikea sono stati bloccati, un’azione in solidarietà con gli 11 lavoratori licenziati. Alle sei l’accesso ai magazzini di Sda, Gls e Tnt e al polo della logistica di Brescia sud era stato bloccato. L’Interporto di Bologna è rimasto fermo per sette ore mentre i lavoratori hanno formato punti informativi per comunicare le ragioni dello sciopero. Nel milanese è stata bloccata la Ceva ad Albairate, la Dhl a Settala, la Dielle a Cascina dei Pecchi.

Sin dalle prime luci dell’alba, è stato bloccato l’hub del quartiere tiburtino a Roma, vicino alla fermata della metro B Ponte Mammolo. Lo sciopero all’Sda ha riscosso il 100% delle adesioni. I facchini hanno organizzato un corteo in una zona a grande concentrazione di stabilimenti e smistamento logistico. In Veneto e in Friuli sono stati bloccati i depositi di Tnt e Dhl a Padova, i magazzini Bartolini a Treviso e a Palmanova, quelli Artoni a Cesena. Dall’altra parte dello stivale, a Teverola, fra Caserta e Napoli, il blocco dei cancelli è continuato fino all’ora di pranzo. A Bagnoli, precari, studenti e lavoratori hanno occupato alcuni edifici della Città della Scienza.

Un ciclo di lotte
Quello dei facchini è un ciclo di lotte che dura da almeno sei anni.La sua crescita è stata accompagnata dal fortunato slogan «Il facchino paura non ne ha». Meno coinvolti sono i corrieri e le altre figure professionali che lavorano nella logistica, settore fondamentale nel trasporto merci in un capitalismo sempre più globalizzato. «Si lavora in magazzini in cui vige un incredibile sfruttamento retto da un sistema di “subappalto” tramite cooperative, vero e proprio “caporalato” – si legge sul sito Clashcityworkers dove si possono trovare inchieste su queste lotte – Le cooperative, grazie alla copertura delle multinazionali committenti, ricorrono spesso al lavoro a chiamata ed arrivano a volte al vero e proprio furto di ore di lavoro».

Lo sciopero di ieri ha manifestato anche una dimensione sociale intrecciandosi con i cortei, i presidi e le occupazioni dei collettivi studenteschi, dei movimenti della casa e dei centri sociali che hanno manifestato contro la legge delega sul «Jobs Act» nell’ambito di uno «sciopero sociale e metropolitano». Alle dieci del mattino, i collettivi hanno realizzato blocchi alle entrate dell’università di Bologna e hanno praticato azioni di auto-riduzione alla mensa universitaria. A Pisa gli scioperanti hanno partecipato ad un corteo che ha attraversato la città. A Firenze gli studenti medi hanno manifestato nuovamente contro la riforma della scuola. Cortei anche a Palermo, dov’è stato contestato il Pd cittadino. A Napoli è stata occupata la sede regionale del partito del premier.

Dramma a Torino

A Torino, davanti ai cancelli del Caat, il grande centro di smistamento dell’ortofrutta della provincia, la tensione ha provocato la morte per infarto di un commerciante di 49 anni di Givoletto. Il tragico evento sembra essere dovuto ad un alterco con alcuni manifestanti che bloccavano una rotonda ad un chilometro dal presidio che bloccava i cancelli. Il Si Cobas e il Network antagonista torinese hanno comunicato la loro solidarietà alla famiglia del commerciante e respingono la ricostruzione giornalistica che addebita la sua morte alle tensioni tra manifestanti e forze di polizia.

«Le forze dell’ordine ci hanno continuamente accerchiato, spinto e un po’ anche menato – sostiene sostiene Francesco La Torraca (Si Cobas) – La tensione è scoppiata quando è uscito un camion ad alta velocità nonostante lo sciopero. Ma gli antagonisti erano dietro e stavano tranquilli, i protagonisti della manifestazione sono stati i lavoratori. Non ci fossero stati gli antagonisti sarebbe successa la stessa cosa se non peggio». «Al centro del Caat non c’è neanche un presidio sanitario – continua La Torraca – Non capiamo perchè, nonostante la manifestazione in corso e le forze dell’ordine in assetto militare, non ci fosse neppure un’ambulanza. Quella che ha soccorso il povero ambulante è arrivata dopo 45 minuti…». Il ritardo è stato negato dal 118, secondo cui l’ambulanza è giunta sul posto un quarto d’ora dopo la chiamata, «di cui tra l’altro – fa sapere l’ufficio stampa – nove minuti di tragitto». Torraca è stato ascoltato a lungo, in qualità di testimone in questura a Torino.

«La tragedia accaduta stanotte è il portato di una situazione non più tollerabile di sfruttamento e impoverimento sociale – aggiungono gli antagonisti torinesi – che sfocia in una guerra tra poveri dagli esiti disastrosi. Perché si è deciso di affrontare quello che si annunciava come un picchetto di lavoratori con modalità proprie di uno stato di polizia? E perché la Questura, nel mobilitare numeri di questa portata (esercizio di forza paragonabile a una manifestazione di diverse migliaia di persone), non si dota di almeno due ambulanze per i casi di emergenza?». Nella serata di ieri sono stati rilasciati quattro attivisti fermati durante il picchetto.

Le motivazioni dello sciopero

Lo sciopero generale della logistica è stato convocato da un’assemblea nazionale dei lavoratori organizzata dai sindacati di base il 21 settembre scorso. La piattaforma dello sciopero di ieri era contraria all’accordo raggiunto dalla Federazione Italiana Trasportatori (Fedit), l’organizzazione che raggruppa i maggiori corrieri del paese, e i sindacati confederali Cgil-Cisl e Uil. L’accordo è stato il frutto di una lunga trattativa, ma anche il prodotto delle dure lotte dei facchini e dei sindacati di base. Nella premessa si legge che le parti «condividono la necessità di intervenire nel settore degli appalti dei magazzini e delle ribalte per contrastare la degenerazione del processo produttivo». Si parla di un settore dove «si registra un crescendo di conflittualità fuori controllo». Accuse respinte dai sindacati di base che rivendicano i loro accordi con le controparti raggiunti in condizioni oggettivamente difficili.

L’accordo siglato il 13 febbraio (leggi qui) potrebbe essere il sintomo di un avanzamento. Anche i sindacati e la parte datoriale convengono ormai sulla necessità di superare la figura del socio lavoratore, uno dei punti dello sciopero di ieri, trasformandolo in dipendente. I Cobas chiedono, tra l’altro, garanzie occupazionali nei cambi di appalto, l’integrazione piena per malattia e infortunio, l’applicazione degli ammortizzatori ordinari nella logistica.