Sembra incredibile che in un settore delicatissimo e altamente specializzato come la sicurezza nucleare si parli di contratti a termine e licenziamenti. Eppure accade alla Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari, 100% controllo pubblico), dove venerdì i lavoratori, stabili e precari, sciopereranno tutti insieme per un piano di stabilizzazione e contro gli 80 licenziamenti decisi dall’azienda.

Nel tardo pomeriggio di martedì 16 ottobre, Sogin ha aperto uno spiraglio a favore del rinnovo di 43 contratti di somministrazione e l’avvio di un piano di inserimento a tempo indeterminato per profili ricoperti da personale precario. L’azienda afferma di aver stabilizzato i primi sei lavoratori, di aver aperto un bando per 15 posizioni a tempo indeterminato e di essere pronta a indirne un secondo entro fine anno per altrettante posizioni tecnico-specialistiche. 

Per sindacati e lavoratori si tratta di un primo risultato delle pressioni di queste settimane, anche se ancora parziale e insufficiente. Per questo, i sindacati confederali impegnati nella vertenza (Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec), dopo un incontro pomeridiano al Ministero dello Sviluppo Economico, hanno confermato lo sciopero di venerdì prossimo.

«Il MiSE si è impegnato all’apertura di un tavolo entro la fine del mese per la ricerca di una soluzione che mantenga gli attuali livelli occupazionali. Le prime lettere di licenziamento per gli 80 dipendenti in questione sono comunque giunte e resta, pertanto, confermato lo sciopero del personale e la manifestazione di venerdì 19 ottobre, che si terrà sotto la sede della Sogin stessa in via Marsala 51 alle 10», ha dichiarato Uiltec.

Rilanciano la mobilitazione anche i “Precari Nucleari”, lavoratori autorganizzati, e le Camere del Lavoro Autonomo e Precario (Clap), che ribadiscono la richiesta di stabilizzazione immediata e per tutti. «Il rinnovo delle somministrazioni per 12 mesi è una soluzione provvisoria utile solo se permetterà, in tempi rapidi e certi, di assumere con contratto a tempo indeterminato tutti i precari», affermano in un comunicato.

Ricordano, inoltre, che l’apertura di bandi e concorsi non costituisce una forma di stabilizzazione e che i numeri comunicati dall’azienda sono comunque insufficienti. Per questo, oltre a mantenere la partecipazione a sciopero e manifestazione, rinnovano la richiesta di incontro al Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, già avanzata nei giorni scorsi con una lettera pubblica.

La società

L’8 e il 9 novembre 1987 gli italiani votarono l’addio all’energia nucleare. In quel momento, erano accese tre centrali atomiche: a Latina, Trino (Vercelli) e Caorso (Piacenza). La prima sarebbe stata spenta il 1° dicembre dello stesso anno, le altre due il 1° luglio del 1990. Un’altra centrale, quella di Sessa Aurunca, aveva smesso di funzionare già nel 1982.

Sogin venne creata nel 1999 con due mission aziendali: smantellare gli impianti e gestire i rifiuti radioattivi. Nel corso degli anni la società ha iniziato a svolgere anche attività di consulenza all’estero.

L’unico azionista è il Ministero dell’Economia e della Finanza, mentre le indicazioni operative vengono dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Nelle ultime settimane, si è parlato insistentemente di un possibile commissariamento della società guidata da Mario Ricotti, nel ruolo di presidente, e Luca Desiata, in quello di amministratore delegato. Il commissario potrebbe essere nominato a causa dei ritardi accumulati da Sogin nello smantellamento delle centrali, che la farebbero rientrare tra le società controllate dal Mef ritenute inefficienti (insieme a Fs, Poligrafico, Invitalia e Sogei).

Secondo Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare (AIN), il programma di decomissioning è «fermo al 25%» ma commissariare Sogin sarebbe «una stupidaggine», perché il rallentamento delle attività sarebbe dovuto alla complessità delle «procedure e alla burocrazia delle autorizzazioni».

Precari nel nucleare

Sul sito dell’azienda, alla voce “Chi siamo”, si legge: «In Italia, le 1000 persone che costituiscono il Gruppo, selezionate e formate secondo standard di eccellenza, rappresentano il più significativo presidio di competenze professionali nella gestione dei rifiuti radioattivi e nel decommissioning degli ex impianti nucleari, […] un processo lungo e complesso, che presuppone competenze multidisciplinari specialistiche e tecnologie innovative».

Chi lavora in Sogin, però, racconta una realtà molto diversa, segnata da precarietà diffusa e dal paradosso per cui competenze e professionalità acquisite nel tempo sono messe a rischio a ogni scadenza contrattuale. È questa la condizione di decine di precari altamente qualificati e assunti da Sogin con i contratti di somministrazione.

«Il nucleare apre problemi che, a livello globale, non hanno ancora delle risposte. Si lavora su temporalità lunghissime: la garanzia progettuale su un edificio privato è di 50 anni, su uno pubblico di 100, su quelli legati alle scorie di 300 – racconta Marco (i nomi sono di fantasia, ndr), geologo – L’evoluzione del paesaggio o la sollecitazione sismica di una struttura che deve durare tre secoli, implicano questioni mai affrontate. Dentro quest’azienda si sviluppano delle competenze molto specifiche, che non si possono acquisire altrove e che necessitano sempre nuovi approfondimenti. La continuità e la sicurezza dell’impiego sono precondizioni necessarie».

Marcello è in Sogin da tre anni e lavora nell’area ICT dell’azienda, la parte informatica che ne controlla i sistemi. I suoi contratti oscillano tra 3 e 6 mesi. Ogni volta c’è il rischio che non vengano rinnovati. «Dicono di non poter trasformare i contratti di somministrazione in contratti a tempo indeterminato. Secondo noi, invece, questo è un loro dovere: per rispetto nei nostri confronti, che nonostante la precarietà abbiamo sempre svolto questo lavoro con la massima professionalità, e nei confronti dei cittadini, che con le loro bollette elettriche pagano Sogin e hanno diritto ai massimi standard di sicurezza e alla mancanza di sprechi».

«Parlare di precarietà quando si tratta di sicurezza nucleare e segreti di Stato è una follia – racconta Anna, geologa per la divisione deposito nazionale per le scorie – è solo grazie alla serietà dei lavoratori che finora il sistema ha funzionato. Se i nostri contratti non venissero rinnovati servirebbero anni e soldi per portare i nuovi arrivati al nostro livello di competenze su temi così specifici e in una mission aziendale così delicata».

Precari Nucleari

Tra marzo e giugno di quest’anno, la situazione delle decine di somministrati Sogin sembrava dirigersi verso una possibile soluzione. Erano stati fatti degli accordi con i sindacati per la stabilizzazione delle diverse figure professionali. In estate, però, sono circolate le prime voci di una chiusura aziendale rispetto a tale ipotesi e della possibilità concreta che i contratti in scadenza il 31 ottobre non venissero rinnovati.

Marco, Anna, Marcello e un’altra ventina di somministrati hanno deciso così di autorganizzarsi, con il sostegno delle Clap. «Volevamo essere protagonisti della nostra vertenza, evitare mediazioni e prendere parola in prima persona. Questa scelta non è in conflitto con i sindacati, ma sostiene da una posizione differente la rivendicazione comune: la stabilizzazione di tutti i precari», dice Marco.

Aggiunge Marcello: «All’inizio di questa storia abbiamo fatto un po’ fatica a scovare i confederali, che sono diversi e hanno pure molti iscritti. La nostra condizione di precarietà va avanti da molti anni: tre, quattro, in alcuni casi anche cinque. In questo panorama, l’autorappresentanza è un elemento di discontinuità. Ha creato interesse tra i colleghi e attenzione da parte della stampa».

Sciopero e presidio

«Non abbiamo mai avuto gli stessi diritti o salari dei dipendenti Sogin. A noi precari, non riconoscono gli scatti d’anzianità, i benefit, la copertura sanitaria. Nonostante svolgiamo le stesse mansioni dei nostri colleghi. A volte abbiamo atteso i rinnovi del contratto fino alla notte precedente. Adesso basta, vogliamo far sentire la nostra voce. La stabilizzazione è un nostro diritto e un dovere dell’azienda. Speriamo che anche gli altri colleghi, che hanno forme contrattuali migliori delle nostre, partecipino alla mobilitazione e ci sostengano», conclude Anna.