L’agenzia Sviluppo Lavoro Italia è la metafora delle politiche del lavoro del governo Meloni. L’ente che dovrebbe occuparsene in un paese in cui prolifera il lavoro povero si trova attualmente in una «paralisi organizzativa».

La denuncia è di tutti i sindacati che si trovano in questa azienda in-house del ministero del lavoro e delle politiche sociali guidato da Marina Calderone. Ieri le rappresentanze sindacale aziendali delle Clap, di Fisac Cgil, First Cisl, Uilca e Fabi hanno indetto uno sciopero che ha ricevuto un’alta adesione da parte dei lavoratori. È stato il momento più alto di una mobilitazione in corso che ha già registrato, il 30 maggio scorso, un’ampia partecipazione a un’assemblea generale. Oggi, alle 11, la presidente di Sviluppo Lavoro Paola Nicastro ha convocato i sindacati a un incontro. Una sua videoconferenza con i lavoratori organizzata ieri pomeriggio è stata criticata dai sindacati: «È stata una comunicazione unilaterale senza contraddittorio, si rischia di deprimere le prerogative dei sindacati, una modalità populista e autoritaria nella gestione delle relazioni industriali».

Agenzia centrale nella programmazione e nell’attuazione degli strumenti di contrasto alla disoccupazione, Sviluppo Lavoro Italia è l’esito di una tormentatissima storia che ha costellato il percorso infelice, caotico e senza molti risultati delle politiche del lavoro da oltre 15 anni. La penultima tappa di questo fallimento è stata l’agenzia Anpal, di recente disciolta per dare vita a Sviluppo Lavoro Italia. Questa agenzia dovrebbe occuparsi, tra l’altro, di servizi per il lavoro, inclusione sociale e lavorativa. «Stiamo assistendo ad una transizione senza fine, con ripetuti cambi al vertice dell’agenzia – sostiene Christian Sica delle Clap – è una lunga fase che ha acuito il malessere organizzativo e l’insoddisfazione dei lavoratori».

L’elemento detonante dell’ultima protesta è stata la pubblicazione degli ultimi “ordini di servizio” che intendono riorganizzare l’agenzia, ricollocando il personale in funzioni diverse. Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto di sospenderli e di cercare di «sanare gli errori» che, sostengono, sono stati «riconosciuti» dalla stessa presidente Nicastro. A parere delle Clap la nuova organizzazione è realizzata in «assenza di criteri di equità e trasparenza» e indebolisce le «esperienze condivise e collettive». Quest’ultimo sindacato ha inoltre denunciato «una rappresaglia contro i nostri rappresentanti» e il tentativo «di inibire la democrazia sindacale».

Ascoltando gli interventi fatti ieri durante lo «speaker corner» organizzato all’entrata dell’agenzia in via Guidubaldo del Monte a Roma è emersa un’interessante cartografia della riorganizzazione in corso delle società che dipendono dal governo. Si è parlato di un modello gestionale comune di tipo «verticistico» e «autoritario» «simile a quello della Rai».A sostegno della mobilitazione ieri si sono schierate due ex segretarie generali della Cgil (Susanna Camusso) e della Cisl (Annamaria Furlan), oggi parlamentari del Pd. Camusso ha denunciato «le modalità antieconomiche della riorganizzazione» e ha ricordato di avere presentato 5 mesi fa un’interrogazione parlamentare alla ministra Calderone. Furlan ha chiesto di «garantire il coinvolgimento dei dipendenti» e ha denunciato una riorganizzazione dell’agenzia «decisa senza alcun confronto». Tino Magni ed Elisabetta Piccolotti (Avs) hanno criticato «una riorganizzazione nella quale si fa fatica a cogliere gli obiettivi nella riforma fumosa del governo».