Quando, nel 1954, pubblicò la propria autobiografia, Elsa Schiaparelli – colei che meglio di chiunque altro aveva mostrato, nei decenni tra le due guerre, quale potenziale di surrealtà incomba su un oggetto così comune e quotidiano come un vestito – aveva poco più di sessant’anni. Tornata a Parigi dopo aver lasciato quella New York dove si era dovuta rifugiare perché sospettata di collaborare con i tedeschi, aveva trovato un mondo cambiato. Così Schiap, o Scap, come la chiamavano, non aveva più ripreso il ritmo dei tempi. Teoricamente il suo impero era ancora in piedi, i suoi molteplici licensing agreements con...