Inserita nel «contratto di governo» per volere della Lega, la riforma della legittima difesa ha seguito alla lettera quanto previsto dai «contraenti». A cominciare dalla previsione per legge che il rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa, e dunque la qualificazione come «legittima» della reazione del proprietario, è «sempre» esistente quando l’intrusione violenta si verifica nel domicilio o nella sede dell’attività commerciale. La ratio è la stessa che presiedeva alla modifica già introdotta dalla Lega nel 2006 (ministro della giustizia Castelli) che ha inventato la «legittima difesa domiciliare», ma l’avverbio «sempre» serve a impedire la discrezionalità del giudice. O almeno a presentare la novità come la garanzia per chi si difende armato di non subire un processo, cosa che non potrà essere in ogni caso perché la valutazione della magistratura è inevitabile. E la giurisprudenza ha fino a qui stabilito che l’attualità del pericolo e l’inevitabilità della reazione armata vanno sempre dimostrate. La nuova legge riprende da una vecchia proposta Pd la formula di «grave stato di turbamento» come scriminante del reato di eccesso colposo di legittima difesa. Prevede poi un (ulteriore rispetto a quello del 2017) innalzamento delle pene per i reati di furto, rapina e violazione di domicilio. Esclude in ogni caso la responsabilità civile, e dunque il risarcimento, per chi causa un danno difendendosi legittimamente. Introduce poi il gratuito patrocinio a carico dello stato a favore di chi viene prosciolto o archiviato per legittima difesa e infine formula una priorità nella formazione dei ruoli di udienza per i processi relativi all’omicidio colposo o alle lesioni personali colpose.