E’ talmente potente, carico di significati piantare un albero da frutta che nessuna cosmologia presso tutti i popoli del mondo ne ignora il valore. L’immagine di un albero carico di frutti è l’icona più rappresentativa di una vita di lavoro, la giusta risposta alle nostre aspettative di uomini che operano ai fini del raggiungimento dei loro obiettivi. Un albero da frutta, in questo preciso momento storico, può significare molto di più. Le file interminabili alle casse durante il confinamento, quel lockdown che ci ha tenuti costretti nelle nostre case, sono il segno della nostra totale dipendenza dal mercato. Si fa un gran parlare, si scrivono libri, si elaborano mille teorie sulle transition town, la transizione ecologica, il voler trasformare le città e renderle più «resilienti», parola in gran voga. Insomma si può dire che esista una intera categoria di maitre à penser che vive di cambiamento climatico e transizione urbana. In realtà, il cambiamento passa da qualcosa di più semplice. Si tratta di individuare un luogo dove possa crescere indisturbato e di piantare un albero da frutta. A differenza di un albero di alto fusto come un faggio o una quercia, che richiedono spazio che non sempre si può trovare nelle nostre città, per gli alberi da frutta non solo abbiamo la possibilità di farne crescere dappertutto ma anche di poterne cogliere i frutti dopo anche soli pochi anni.

Cerchiamo un vivaista che offra nel suo catalogo alberi della tradizione rurale del luogo dove viviamo, e scegliamo quello che fa per noi. Una volta gli alberi da frutta venivano allevati lasciandoli crescere in altezza, un melo, un ciliegio, un arancio potevano raggiungere dimensioni ed età considerevoli. Chi li piantava lo sapeva ed era disposto a salire sulla pianta per raccogliere i frutti. Oggi, la produzione è affidata a varietà, cultivar che in confronto alle antiche sono nane, ciò è dovuto alle necessità dell’agroindustria che impiega macchinari per la raccolta.

Il nostro albero però non abbisognerà di tali accorgimenti. Se ci troviamo nel sud possiamo pensare a vecchie varietà di aranci, trovarne uno che superi i sei metri adesso è raro, noi potremmo proprio orientarci su quelle. Un albero longevo, che cresca a lungo è certamente più forte delle nuove cultivar destinate a produrre tanto e poi morire rapidamente. Non abbiamo bisogno di un convegno per decidere che nel nostro giardino vogliamo e possiamo invertire la tendenza. Un albero da frutta delle antiche varietà crescerà per anni, decenni e non produrrà solo frutta ma farà ombra, darà ricovero agli uccelli. Sapremo ben fare a meno di raccogliere le ciliege più in alto rinunciando all’ingordigia di chi – il sistema agroindustriale – ignora completamente il semplice fatto che possiamo anche lasciarle agli uccelli. Il paesaggio italiano è fin troppo pieno di ordinate file di alberi a spalliera, di meli, di peschi che tendono i loro rami tra un paletto di cemento e l’altro. Liberiamoci da queste crocifissioni vegetali in serie. Scegliamo un albero da frutta vero. Una antica varietà. L’autunno è la stagione giusta, facciamolo e portiamo i bambini con noi. Devono osservare, quel melo, quel ciliegio deve crescere con loro.