Sette lunghi mesi. Tanto è durata la detenzione in carcere di Dana Lauriola, attivista No Tav, che deve scontare due anni per un episodio avvenuto nel 2012, quando, durante un’azione dimostrativa sulla A32, spiegava al megafono le ragioni della manifestazione. Finalmente, Dana, ha lasciato le Vallette. Nonostante non sia ancora libera.

Il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha disposto per lei la detenzione domiciliare, con una serie di prescrizioni. Una decisione che aspettavano in tanti, tutto il movimento, che si trova oggi impegnato in una nuova lotta, questa volta contro l’autoporto di San Didero. Ma non solo. Lo testimonia quanto è diventato virale il video appello «Liberate Dana», a cui avevano aderito Sabina Guzzanti, Elio Germano, Zerocalcare, Bebo (Alberto Guidetti) de Lo Stato Sociale, Giovanna Marini e Rita Pelusio.

«Finalmente una parte di questa ingiustizia termina, ma non ci possiamo accontentare, vogliamo Dana completamente libera, così come Fabiola e tutti e tutte le No Tav che hanno qualsiasi limitazione della libertà», dichiara il movimento valsusino.
Gli avvocati di Dana Lauriola, Claudio Novaro e Valentina Colletta, non sono del tutto soddisfatti del provvedimento del Tribunale: «Si tratta di una decisione che arriva sette mesi in ritardo e che, nonostante l’ottima relazione dell’equipe interna al carcere, che è il pilastro su cui si dovrebbe fondare la valutazione dei magistrati, concede solo la misura più restrittiva, quella della detenzione domiciliare, corredata da una serie di prescrizioni e divieti fortemente limitativi.

L’apparato motivazionale del provvedimento, poi, stigmatizza l’appartenenza ideologica di Dana e la corrispondenza da lei inviata dal carcere, che considera foriera di nuovi reati, in contrasto, a nostro parere, con il diritto costituzionalmente tutelato di esprimere le proprie opinioni. Del resto tutta la recente storia giudiziaria di Dana ci sembra sintomatica dell’atteggiamento, fortemente censurabile, che, sul piano giudiziario, connota i procedimenti a carico dei No Tav».

Proprio al proposito, è bene ricordare come all’epoca fossero state respinte misure alternative al carcere, richieste dalla difesa, con la motivazione di non aver abiurato il movimento e di risiedere in Val di Susa. Qualcosa di irricevibile per Dana Lauriola, che ieri, poco dopo l’uscita dal carcere, ha scritto sul suo profilo Facebook: «Vi dico che sto bene e che il mio cuore è nell’unico posto dove può stare, a fianco di chi da giorni lotta per difendere la valle. Siate saldi, io sono con voi e con il vento delle nostre montagne che non ha mai smesso di accarezzarmi il volto».

I giorni a cavallo tra febbraio e marzo 2012 erano stati molto concitati. Il movimento manifestava contro gli espropri dei terreni che sarebbero diventati parte del già avviato cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte. Il 27 febbraio, durante un’iniziativa di protesta, Luca Abbà era caduto dal traliccio, mentre gli agenti delle forze dell’ordine cercavano di raggiungerlo in cima. Erano seguite cariche e scontri. Il 3 marzo i No Tav, in un’iniziativa dal titolo «Oggi paga Monti», avevano bloccato con il nastro adesivo l’accesso ad alcuni tornelli del casello dell’autostrada A32 nei pressi di Chianocco, facendo passare le auto senza pagare.

Dana Lauriola spiegava al megafono le ragioni. Nicoletta Dosio, finita in carcere per la stessa vicenda, era dietro lo striscione. Sappiamo com’è andata a finire. Sulla carcerazione di Lauriola (condannata con le accuse di violenza privata e interruzione di servizio di pubblica necessità) è intervenuta, negli scorsi mesi, Amnesty: «Esprimere dissenso pacificamente non può essere punito con il carcere».