Un sabato di riunioni continue. Conte dalla sua scrivania si è collegato in video prima con i capi delegazione della maggioranza. Poi con alcuni ministri chiave e gli scienziati che consigliano il governo sulle strategie di contrasto al Covid-19. Poi ancora con il capo della «task-force» per la ripartenza, il manager Colao (da Londra). Infine, ormai a sera, è cominciata la riunione con i rappresentanti delle regioni e dei comuni, la tanto attesa «cabina di regia» che aveva come obiettivo quello di porre un freno alle fughe in avanti dei governatori. Un gran lavoro. Il cui risultato visibile, però, al termine della giornata, è un altro rinvio. Domani il Consiglio dei ministri non approverà più la relazione con la quale chiedere al parlamento l’autorizzazione allo scostamento di bilancio per finanziare il nuovo decreto con aiuti alle imprese e alle famiglie. Il tanto atteso decreto aprile», infatti, è destinato a slittare. A questo punto potrebbe arrivare in parlamento a maggio.

NIENTE PIÙ RELAZIONE, dunque niente più voto sullo scostamento di bilancio in parlamento. Le conferenze dei capigruppo di camera e senato l’avevano già messo in calendario, mercoledì a palazzo madama e venerdì a Montecitorio. Passaggi non proprio semplici per la maggioranza, specie quello del senato, visto che per lo scostamento è obbligatoria la maggioranza assoluta e questa volta le opposizioni potrebbero non collaborare. Le difficoltà di convocare i parlamentari nel Palazzo in questi giorni di lockdown, la paura del contagio e i trasporti ridotti aumentano la dose di rischio per il governo. Governo che con la decisione di rinviare ha intanto tolto dall’agenda immediata un passaggio complicato. A questo punto il decreto «aprile-maggio», che dovrebbe aggirarsi sui 70 miliardi di spesa, ben oltre la metà a debito, potrebbe essere pronto a ridosso di un’altra importante scadenza: il Documento di economia e finanza (Def). Non ufficialmente ma sostanzialmente rinviato, resta però un obbligo da onorare anche con Bruxelles e va votato dalle camere. Voto che potrebbe arrivare a coincidere con quello sullo scostamento di bilancio.

NELL’INCONTRO SERALE, le regioni hanno chiesto a palazzo Chigi una forte accelerazione verso le riaperture. Hanno detto sì a linee guida nazionali per evitare il caos, ma poi hanno rivendicato, come ha detto il presidente della conferenza delle regioni e presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini, «autonomia alle regioni per contemplare le specificità» tenendo conto non solo dei dati geografici ma anche di quelli «economici e sociali». Nella sostanza è una richiesta di mano libera assai maggiore di quanto è oggi previsto nel decreto legge del 25 marzo adesso in fase di conversione alla camera.

Le regioni hanno avanzato quattro richieste a Conte. La prima quella delle linea guida nazionali declinate in maniera autonoma. La seconda quella di «rivedere i tempi delle città» per realizzare il distanziamento sociale durante la «fase 2»: una materia in cui l’autonomia è già ampia ma i governatori chiedono le risorse per riprogrammare scuole, mezzi pubblici, uffici. Resterebbe vietata la mobilità fuori regione. Al punto tre la richiesta è quella di riaprire i cantieri edili e «alcune filiere produttive maggiormente esposte alla concorrenza straniera» già tra una settimana, dal 27 aprile. Naturalmente «in sicurezza» con mascherine e quant’altro. Infine, la quarta richiesta è quella di cambiare del tutto il meccanismo delle autorizzazioni alla riaperture oggi in vigore. Niente più via libera delle prefetture e codici Ateco, ma cancelli aperti per cerchi concentrici partendo dai territori dove il rischio è minore o più controllabile. «Bisogna riavviare il motore economico del paese», ha detto Bonaccini.

Se il pressing delle regioni, e di Confindustria, resta fortissimo, palazzo Chigi preferisce sottolineare come sia stato raggiunto un accordo sul fatto che le linee guida devono essere nazionali. Ma «non si può abbassare la soglia dell’attenzione, anche se gli effetti positivi delle misure di contenimento ora si vedono». Dunque, dice Conte, «non è prevista alcuna modifica alle misure che scadono il 3 maggio». Almeno non la prossima settimana.