Luigi Sbarra, segretario generale Cisl, lei questa mattina sarà a Firenze in una delle tre piazze con Cgil e Uil per chiedere di rimettere il lavoro al centro nel post pandemia. Quale piazza si aspetta?
Sarà certamente una grande giornata di mobilitazione. Abbiamo frenato i livelli di partecipazione per essere rispettosi delle misure anti Covid. Rinnoviamo l’appello forte ed unitario: dobbiamo mettere al centro il lavoro, la sua qualità e stabilità, la sicurezza negli ambienti di lavoro, la tutela della persona e il rilancio degli investimenti pubblici e privati. L’Italia deve ripartire senza lasciare indietro nessuno migliorando, come rivendichiamo con la nostra piattaforma.

Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra

Al centro delle vostre richieste c’è il prolungamento del blocco dei licenziamenti fino a fine ottobre. Ha notizie di una mediazione di Draghi? Se fosse solo per il settore tessile la accettereste?
Il paese è ancora dentro una drammatica crisi e le ragioni che avevano dato luogo 15 mesi fa al blocco dei licenziamenti rimangono irrisolte. Non accetteremo mediazioni al ribasso. Il governo deve tornare sui suoi passi. Bisogna riallacciare il dialogo con il sindacato, raddrizzando in extremis il decreto Sostegni bis o varando un nuovo provvedimento che prolunghi la Cassa Covid ed il blocco dei licenziamenti almeno sino alla fine di ottobre in linea con gli altre settori produttivi. Questo è l’appello che lanciano a Draghi: di tutto ha bisogno il paese tranne che nuove tensioni sociali. Bisogna disinnescare questa bomba ad orologeria. Dobbiamo far ripartire il paese dagli investimenti, non dai licenziamenti. Impegniamoci insieme per concertare un grande patto sociale per rilanciare crescita e occupazione, garantire coesione, ridurre le diseguaglianze.

I vostri incontri con i gruppi parlamentari hanno prodotto qualche passo avanti? Dalla conversione del decreto Sostegni bis quali emendamenti chiedete siano approvati?
Tutti i gruppi parlamentari hanno condiviso l’allarme che abbiamo lanciato. È necessario rafforzare le misure di sostegno al reddito: Rem, Naspi, indennità stagionale, contratto di rioccupazione, contratti di solidarietà. Bisogna evitare poi una nuova ondata di licenziamenti che si aggiungerebbe al milione e passa di posti che già abbiamo perso. L’aspetto singolare di questa vicenda è che molti degli stessi partiti che sostengono il governo e che approvano i provvedimenti in consiglio dei ministri hanno presentato emendamenti per prolungare il blocco, anche sino alla fine dell’anno. È la prova di un corto circuito politico, un pasticcio che si poteva evitare con un vero confronto con il sindacato.

Voi tradizionalmente come Cisl siete per il dialogo con il governo. Ora però sembra aprirsi una fase nuova dove il protagonismo di Draghi – vedasi anche le nomine degli economisti per controllare il Pnrr – si sta allargando.
Guardi, non ci spaventano né il protagonismo di Draghi, né le nomine di consulenti o economisti. Il tema vero è il rapporto che il governo vuole avere con il sindacato. Noi abbiano fatto quattro importanti intese con Draghi su pubblico impiego, scuola, protocolli sicurezza e piano vaccinazione, subappalti. Questo è il metodo giusto che bisogna riprendere con responsabilità. Anche i governi più autorevoli hanno bisogno della mediazione sociale per ricostruire il paese dopo questa terribile pandemia. L’uomo solo al comando non ha mai funzionato.

Quanto sta accedendo nel settore della logistica è preoccupante. Per evitare che si ripetano tragedie come quella di Adil Belakhdim non è necessario un dialogo e un riconoscimento del ruolo dei Cobas?
Nel paese esistono tante differenze storiche tra il sindacalismo confederale e le posizioni delle sigle autonome. Ma la libertà sindacale va sempre garantita perché è sinonimo di democrazia. Ecco perché bisogna aprire una discussione sulle giuste tutele che bisogna garantire ai lavoratori della logistica. Ci troviamo di fronte a multinazionali che fanno finta di niente, che realizzano profitti d’oro, ma non si assumono le loro responsabilità. Non può esistere una terra di mezzo fuori dalle regole normative e contrattuali.

Alitalia e Ilva sono ancora due vertenze irrisolte. Come giudicate l’operato del governo su questi due fronti?
Vanno affrontate con una determinazione e una chiarezza che non vediamo nel governo. Su Alitalia siamo in una situazione di assoluto stallo nonostante la nostra richiesta di attivare una cabina di regia con i quattro ministeri competenti. Vogliamo una compagnia di bandiera all’altezza delle concorrenti, senza fare macelleria sociale lasciando senza lavoro migliaia di persone. Tutte queste ragioni stanno alla base dello sciopero del 18 giugno, unitamente ai problemi dell’intero settore aereo. Sull’Ilva, con l’ultima sentenza speriamo si possa aprire una discussione seria sugli investimenti, ambientalizzazione. Si può e si deve conciliare la salvaguardia dell’occupazione con la tutela dell’ambiente e della salute delle comunità. L’asset resta strategico e va traghettato con maggiore produttività e sostenibilità ambientale, come accade in tutta Europa.

Landini propone un processo nuovo di unità sindacale che parta dai luoghi di lavoro. I tempi sono maturi? È d’accordo?
È quello che anche noi sosteniamo da tempo. L’unità sindacale, da non confondere con il sindacato unico, non è un processo che può essere imposto dall’alto. È un processo che parta dalle persone che noi rappresentiamo. Un percorso che si alimenta nei luoghi di lavoro e nelle comunità locali con piattaforme condivise, grande autonomia dalla politica, rispetto del pluralismo e delle sensibilità identitarie. Senza egemonie culturali, radicalismi, antagonismi. Respingendo tentazioni di incursioni legislative sulle materie proprie dell’autonomia negoziale e contrattuale.