Il Consiglio dei ministri ha «deliberato l’avvio della procedura» per la nomina di Paolo Savona alla presidenza della Consob. È il primo ministro del governo giallobruno che salta. Curiosamente è lo stesso per il quale a maggio dell’anno scorso leghisti e grillini avevano rotto le trattative al Quirinale, i secondi minacciando l’impeachment per Mattarella.

Savona si era poi accomodato in un ruolo di secondo piano, non mancando negli ultimi tempi di segnalare una certa distanza dalle sortite anti europee dell’esecutivo. Così passa ad altro incarico, o almeno ci prova perché sull’esito finale della procedura non può esserci certezza. Non perché sia a rischio il parere, peraltro non vincolante, delle commissioni finanze di camera e senato. Più delicato il passaggio davanti alla Corte dei conti. Mentre è immaginabile che, prima di spingersi fino a questo punto, il governo abbia verificato la disponibilità del presidente della Repubblica a firmare il decreto di nomina. Tra Savona e la guida dell’organismo di controllo del mercato finanziario ci sono però almeno quattro ostacoli.

IL PIÙ INGOMBRANTE sembra essere il decreto dell’8 aprile 2013 firmato dal ministro del governo Monti Filippo Patroni Griffi. Stabilisce infatti un obbligo di cooling off, raffreddamento, di due anni per chi ha svolto incarichi o ricoperto cariche in un ente di diritto privato, prima di poter assumere una carica in un ente pubblico che vigila in quel settore. È il caso di Savona, che fino a qualche giorno prima di diventare ministro (fino al maggio 2018) è stato direttore dell’hedge fund lussemburghese Euklid e presidente di Euklid ltd, società basata a Londra. Non è chiaro se, anche dopo le dimissioni, Savona abbia continuato a possedere una quota della società, che è autorizzata – e dunque controllata – dalla Consob inglese. Ma è vigilata dalle autorità italiana per quanto riguarda la commercializzazione dei suoi prodotti in Italia. Patroni Griffi è recentemente stato nominato presidente del Consiglio di stato, l’organo supremo della giustizia amministrativa

Gli altri ostacoli sono forse aggirabili tecnicamente, anche se sono tutti chiari nello spirito che è quello di vietare casi come quello della promozione del ministro per gli affari europei. Il primo è la legge Madia sulla pubblica amministrazione: Savona (82 anni) è in pensione e non potrebbe assumere una dirigenza pubblica se non gratuitamente e per un anno. La Consob rientra certamente tra gli enti sottoposti a questo vincolo – è citata nell’articolo della legge del 2012 che la legge Madia ha novellato – ma la nomina di Savona è governativa e in quanto tale potrebbe non dover sottostare alla regola. La presidenza della Consob ha durata di sette anni. La pur blanda legge sul conflitto di interessi (la vecchia Frattini del 2004) vieta il passaggio diretto dal governo a un ente pubblico (in questo caso il coolign off è di un solo anno), ma è discutibile se la Consob sia un ente pubblico o un pezzo dell’amministrazione dello stato. Infine c’è l’articolo 1 della legge del 1985 che ha istituito la Consob: prescrive che i componenti della commissione siano scelti tra persone di «indiscussa moralità e indipendenza». Un ministro uscente può dare tutt’al più garanzie di moralità, ma l’indipendenza è spesso un’opinione.

LA NOMINA di Savona è una concessione alla Lega da parte di 5 Stelle, incapaci di condurre in porto la candidatura di Marcello Minenna. Ma il partito di Salvini ora spiega che, avendo Conte assunto l’interim degli affari europei, il riequilibrio a favore dei 5 Stelle può dirsi già compiuto. La precisazione ha a che fare con la prossima partita sul presidente dell’Inps. D’altra parte i grillini sembrano aver dimenticato del tutto Minenna, prima lanciato per la guida della Consob e poi lasciato all’oscuro sulle ultime trattative. Anche la sua nomina a numero due, direttore generale, appare difficile. A questo punto è di competenza della Commissione e non del governo.