La Disney attinge alle sue radici con Saving Mr.Banks, un film sulla storia dietro a un grande successo dell’ultimo periodo in cui Walt dirigeva lo studio, Mary Poppins, che arriva in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’adattamento hollywoodiano dei romanzi di P.L. Travers. Il punto di partenza della sceneggiatura (di Kelly Marcel e Sue Smith, a un certo punto nella mitica black list dei migliori copioni non realizzati sulla piazza) è l’incontro/scontro tra due grandi artisti della pop cultura mondiale, diversissimi tra di loro ma accomunati da una feroce gelosia nei confronti delle loro creature/creazioni, e dall’aver veicolato la memoria di infanzie non facili nella costruzione di mondi della fantasia.

Walt Disney e P.L. Travers non si piacevano: è un fatto. La scrittrice bisessuale australiana, che ammirava J.M. Barrie ed era amica di Yates, resistette per anni alla tentazione di affidare la sua nanny magica alla macchina tritatutto del geniale inventore di Topolino. Alla fine (come ricostruì qualche anno fa un bel pezzo di Caitlin Flanagan sul New Yorker), Travers dovette cedere per necessità economiche, ma solo a condizione di controllare tutto.

Disney e il suo team – lo sceneggiatore Don DaGradi e i suoi compositori favoriti, Robert e Richard Sherman (Il libro della giungla)- lavoravano già da due anni a Mary Poppins, quando l’autrice accettò di recarsi allo studio di Burbank per decidere se dire sì o no.

Leggenda (corroborata da recenti interviste a Richard Sherman) vuole che Disney stesse alla larga dalle durissime sessioni quotidiane nelle quali Travers torturava DeGradi e i fratelli col suo sdegno per l’universo disneyano, a partire dall’animazione (Mary Poppins doveva essere un film dal vero) e dalle canzoni (non voleva che fosse un musical). Travers pativa tutto quanto le sembrava un eccesso di «zucchero» spruzzato sulla famiglia Banks e sulla loro pragmatica nanny arrivata dal cielo appesa ad un ombrello. Probabilmente avrà avuto dei dubbi anche sul finale molto americano del film in cui Mary se ne va perché saranno finalmente i signori Banks a occuparsi dei loro figli.

Alla fine i due «nemici» si misero d’accordo. Disney fece il suo film, che incassò centinaia di milioni di dollari e otto Oscar (tra cui miglior film, attrice – Julie Andrews – canzone e colonna sonora), e Travers diventò ricchissima. Lui non la invitò alla prima hollywoodiana (la signora ci andò per i fatti suoi e pianse lacrime amare). In cambio, quando lei quasi novantenne vendette i diritti per una versione musical a Cameron McIntosh, lo fece a patto che gli Sherman non fossero coinvolti, e come loro nessuno che veniva dagli States.

Con Tom Hanks nalla parte di «Walt» e Emma Thompson in quella di «Mrs. Travers» (lui insisteva per essere chiamato per nome, lei rispondeva solo a «signora Travers» e lo chiamava «signor Disney»),Saving Mr. Banks fa centro assoluto in fatto di casting. Hanks è un Walt dolce e seducente, la cui semplicità midwstern sfoderata contro il formalismo britannico nasconde un businessman con i nervi d’acciaio. Thompson evita con intelligenza la caricature della zitella inglese repressa che quasi sviene quando nella sua stanza d’albergo trova ad accoglierla un esercito di pelouche. E si vede che, per trovare il suo personaggio, ha guardato molto anche la Mary Poppins di Julie Andrews – volto dolce ma serio e assorto, il rossetto rosso applicato alla perfezione.
Buoni anche Jason Schwarzman, B.J. Novak e Bradley Withford, nella parte degli Sherman e di DeGradi. Paul Giamatti è la caricatura benevola di un’autista «alla Disney». Girato nel quartiere generale della Major, a Burbank, il film di John Lee Hancock ricrea con amore, nei minimi dettagli, l’atmosfera dello studio di quegli anni. L’impressione è quella di entrare in un mondo sospeso, altro, come quando Mary Poppins e i bambini Banks entrano nei quadri disegnati sui marciapiedi dallo spazzacamino Bert.

Peccato che Savings Mr. Banks includa anche un altro viaggio nel tempo – nell’Australia d’inizio secolo dove scopriamo (in una serie di flash back abbastanza micidiali e immersi in dorata luce degli antipodi) che P.L Travers era in realtà Helen Geoff, con un padre banchiere alcolizzato, un mamma distratta e una zia efficente dalla cui borsa usciva di tutto … Disney e Travers, Mickey Mouse e Mary Poppins, Kansas City e la Londra dell’elite letteraria – nel loro leggendario ring- non avevano bisogno di questa banale, letterale, psicodietrologia. Che non giova nemmeno al film.