Donald Sassoon, allievo di Eric Hobsbawm, è professore emerito di storia europea comparata presso il Queen Mary College dell’università di Londra, autore di numerosi libri, tra cui il recente Quo Vadis Europa, edito da Castelvecchi. Gli abbiamo chiesto un commento su queste sorprendenti elezioni politiche.

Professore, qual è il suo sguardo a caldo sull’esito elettorale?

Contrariamente a tutti i sondaggi, i conservatori hanno ottenuto una maggioranza assoluta. I sondaggi sono dunque inaffidabili ma necessari. Il secondo dato è la sconfitta pesantissima, inaudita del partito liberal-democratico. Anche qui si sapeva sarebbero scesi, che avrebbero perso seggi, ma una batosta tale, che li vede retrocedere a quarto partito dopo essersi fatti scavalcare dallo Ukip, è devastante. Gli esperti dicevano che i Lib-Dem avrebbero perso voti per aver fatto una coalizione con i Tories. Il loro elettorato è in buona parte a sinistra del centro e avrebbero dunque votato Labour. Questa era l’aspettativa generale e, tra l’altro, anche la mia. Ma non è successo e nessuno ancora è in grado di spiegare come mai se l’elettorato era così disgustato dei compromessi fatti dai Lib-Dem ha poi votato conservatore. La cosa non ha assolutamente senso. Ci dev’essere dunque stato un passaggio di voti assai più complicato di quello che sembra dai dati superficiali. Il terzo punto è la naturalmente la vittoria inaudita dei nazionalisti scozzesi, un successo di proporzioni simili, 56 seggi su 59, non se lo aspettavano neanche loro.

Qui i sondaggi hanno colto nel segno.

Vero, anche perché sono più efficaci quando ci sono solo due partiti, mentre i passaggi di voti quando i partiti sono di più sono evidentemente più complessi. Il quarto dato è la grande sconfitta dei laburisti, che non sono stati battuti solo in Scozia, dato evidentemente più appariscente, ma in Inghilterra, dove hanno fatto peggio del 2010 e dove invece avrebbero dovuto fare assai meglio.

Di teste, non coronate, ne sono rotolate parecchie…

Basti pensare ai liberal-democratici, decimati al punto da non avere nemmeno un leader superstite in grado si subentrare a Clegg. Degli otto superstiti nessuno è noto. Poi ci sarebbe un quinto punto, la mancata affermazione dello Ukip e soprattutto del suo leader, Nigel Farage. Lo Ukip ha il 13% dei voti con i quali ha ricevuto un solo seggio. I liberali hanno l’8% e ne hanno ricevuti otto. I nazionalisti scozzesi hanno il 5% in tutto il Paese e hanno 56 seggi. Questo dimostra che se questo sistema elettorale è già patetico quando ci sono solo due partiti, diventa del tutto assurdo quando ce ne sono di più. Abbiamo i conservatori con il 37% che hanno una maggioranza assoluta, il che significa che un terzo degli inglesi ha votato per loro e due terzi contro. Ma che razza di democrazia è questa?

Cosa pensa della bocciatura del referendum sul proporzionale?

Non è passato perché nessuno ha capito di cosa si tratta. E poi non si cambia un sistema elettorale a colpi di referendum, occorre che lo cambino i partiti al potere, cosa improbabile perché per ovvi motivi non hanno alcun interesse a farlo.

Qual è stato l’errore di Miliband? Il suo cercare un termine medio inesistente fra New e Old Labour?

Non saprei dire se vi siano stati errori specifici da parte di Miliband, in un cento senso spostarsi a sinistra era inevitabile. Dopotutto c’è un governo che aveva fatto una serie di cose di destra: imposto l’austerity quando la situazione economica non era così terribile, introdotto tasse ripugnanti come la bedroom tax, un governo che difende i ricchi e tassa i poveri. Ma vogliamo guardare allo share del voto: il Labour è sceso, i liberaldemocratici sono crollati. Ebbene è probabile che i Tories abbiano preso un po’ dai liberali e lo Ukip più dai conservatori che dal Labour.

Due considerazioni sul futuro. La prima è che dal punto di vista dei nazionalisti scozzesi, questa vittoria è – dannunzianamente – una vittoria mutilata. Perché? Avrebbero voluto essere l’inevitabile appoggio a un governo di minoranza Labour, in modo da ottenere tutto quello che volevano. Così invece hanno sì, tutti quei seggi e governano la Scozia, ma ora hanno a che fare con un governo conservatore che sa che la Scozia è perduta e dunque può tranquillamente mandarli a quel paese, dare loro meno soldi, concedere l’autonomia fiscale, ma niente di più. È dunque una vittoria di Pirro per l’Snp. Poi c’è un’altra di vittoria di Pirro, anche se meno grave. Quella dei conservatori stessi. Era molto meglio per loro avere un governo di coalizione coi Lib-Dem. Così potevano dire alla destra interna di avere le mani legate essendo “ostaggi” dei Lib-Dem e frenare le richieste pressanti degli euroscettici, cosa che ora non possono più fare. E ora Cameron sarà tenuto a mantenere la promessa del referendum, a dover far finta di andare a Bruxelles e di tornarvi con chissà quali successi, a fare un referendum nel quale il Paese resti nell’Ue con l’appoggio degli industriali, dei sindacati, dello stesso Labour e di altri avversari politici. E contro un Ukip che crescerà enormemente. Ci sarà un periodo di guerra civile nei Conservatori come ai tempi di Major. Insomma, i due vincitori avranno problemi: i primi perché non contano nulla nonostante la vittoria, e i secondi perché hanno vinto troppo.