«Il muro sporco sopra il letto assomigliava alla pelle tatuata di un carcerato le cui fotografie avevo visto tanto tempo prima in una rivista russa d’arte industriale. C’erano i nomi dei nostri predecessori, incisi anni e mesi, qualche verso come quello sulla luce che inizia con un silenzioso mutamento delle mie attitudini». Filip Isakovic riflette sulla possibilità che anche a lui tocchi in sorte una lunga degenza, tale da spingerlo a lasciare su quel muro un segno di sé. Dagli anni passati sulle navi ha però tratto un insegnamento, vale a dire che «scrivere qualcosa non era così semplice, né veloce. Era necessario che l’esperienza si depositasse, che passasse del tempo».

COME IL PROTAGONISTA di Cane e contrabbasso, anche lo scrittore serbo Saša Ilic, che con questo romanzo appena pubblicato da Keller (traduzione di Estera Miocic, pp. 374, euro 19), si è aggiudicato il Premio Nin, promosso da uno dei maggiori settimanali di Belgrado, sembra aver riflettuto a lungo su quanta parte della vicenda (ex) jugoslava volesse tracciare in questa storia che, in omaggio al free jazz che ne anima le pagine, ha un andamento volutamente sghembo.

Al principale piano narrativo, che segue la traiettoria dello stesso Isakovic, giovane marinaio durante le guerre balcaniche degli anni ’90 che hanno messo fine all’idea stessa di «Jugoslavia» e, 20 anni più tardi, ospite dell’ospedale psichiatrico di Kovin, si intrecciano le storie di quel luogo dove, sulla scorta di quanto avveniva nella vicina Trieste ad opera di Franco Basaglia, si sono compiute esperienze significative nel nome dell’antipsichiatria. Ma non è tutto, perché, lasciato il mare, Filip Isakovic è intorno ad un contrabbasso, e al jazz, che ha ricostruito il proprio sguardo sulla vita, prima di essere privato anche di questa possibilità.

LA REALTÀ DI KOVIN, la personalità del dottor Marko Julius che di quell’esperienza eretica è stato l’anima e l’ispiratore, fanno in qualche modo da contraltare al «mondo di fuori», ad una società sottoposta ad un potere sempre più repressivo e pronta a seguire le sirene criminali del nazionalismo. Il paradosso è voluto, evidente e esibito: è da un’«istituzione totale», da un «manicomio» divenuto a suo modo epicentro della sperimentazione sociale che prima Julius e quindi Isakovic osservano la deriva montante e che finirà, loro malgrado, probabilmente per soffocarli. Del resto, è difficile nutrire qualche speranza degna di questo nome in una realtà dove «i nostri capi, direttori, presidenti e leader vari non erano mai stati in grado di governare diversamente».

Tra gli organizzatori del Festival letterario internazionale Polip di Pristina, cui lavorano da oltre un decennio sia autori serbi che kosovari, noto per le sue posizioni anti-nazionaliste, Saša Ilic traccia in Cane e contrabbasso una sorta di contro-storia delle vicende jugoslave, ponendo al centro del racconto il complesso rapporto tra l’individuo e le istituzioni, l’anelito alla libertà e lo strapotere dello Stato. Il tutto, attraverso uno sguardo consapevole, a volte amaro, ma mai rassegnato.

 

Sguardo sull’Europa orientale e balcanica a Trento

Si svolge il 10 e l’11 novembre a Trento (Sede Cci – vicolo San Marco 1) l’«Estival, politica, società e cultura dell’Europa orientale e balcanica». Al festival interverranno tra gli altri (oltre a Saša Ilic, l’’11 novembre alle 15.30) Alessandra Russo, Giorgio Comai, Oleksiy Bondarenko, Nona Mikhelidze, Matteo Zola, Jelena Džankić, Roberto Belloni, Riccardo Celeghini, Jens Woelk, Eleonora Poli, Davide Denti, Serena Epis, Tatjana Sekuli, Nicoletta Romeo. Organizzano: Obc Transeuropa/Cci, East Journal, Scuola di Studi Internazionali-Università di Trento, in collaborazione con Keller Editore, Alpe Adria Cinema – Trieste Film Festival, Associazione Fuorivia.