Professoressa Lorenza Carlassare, perché ha accettato di far parte della commissione per la riforme costituzionali?
Mi è stato chiesto di dare un contributo di proposte. Da anni sostengo che alcune limitate modifiche della Carta siano necessarie, andrò a ripeterlo in questo nuovo contesto. Mi farò ascoltare innanzitutto sul fatto che la prima cosa di cui il parlamento dovrebbe occuparsi è la legge elettorale. Le riforme non possono essere una scusa per rimandare ancora, il ritardo è intollerabile. E poi insisterò sul concetto che la Costituzione, oltre e anche prima di essere revisionata, deve essere applicata.

In precedenza però aveva rifiutato di essere coinvolta nel comitato immaginato dal governo per riscrivere la Carta.
Ma quella era la Convenzione, un’idea del tutto illegittima di un potere di revisione costituzionale affidato a un gruppo di esperti in concorrenza con il parlamento. Adesso quello che mi è stato proposto è un semplice gruppo di studio all’interno del quale potrò esporre le mie idee per affidarle poi, assieme alle altre, alla libera valutazione delle camere. Non ci sarà nessuna posizione «ufficiale» del nostro gruppo, nessuna votazione interna, nessun documento approvato a maggioranza e dunque nessun rischio da parte mia di coprire posizioni non condivisibili. Questo mi è stato assicurato ed è a queste condizioni che ho accettato.

Non prevede di trovarsi in difficoltà vista la composizione della commissione, i presidenzialisti sembrano essere in maggioranza?
Non potrei in ogni caso avvallare scelte non mie. Non nego di essere stata assai indecisa prima di accettare. Alla fine ho valutato che in questo momento è più utile far pesare le proprie opinioni all’interno della commissione. Potrò così sostenere il punto di vista di stimati colleghi con i quali da anni condivido le riflessioni, e cercare nel confronto di convincere qualcun altro.

Insomma, non le andava di recitare la parte della «conservatrice»?
Si sbaglia, questo non è proprio un mio problema. È semplicemente ridicolo sostenere che stravolgere la Costituzione sia un segno di innovazione, mentre invece battersi perché i suoi principi progressivi vengano finalmente applicati sia indice di conservazione. No, la verità è che io insieme ad altri vado ripetendo da anni che alcuni miglioramenti alla Carta devono essere apportati, nello spirito della manutenzione prevista dai costituenti e anche oltre.

In concreto?
Oltre al superamento del bicameralismo perfetto e alla riduzione dei parlamentari di cui tutti parlano, sarebbe utile rafforzare il potere delle opposizioni in parlamento. Ad esempio si può prevedere che un certo numero di deputati o senatori possano interpellare direttamente la Corte Costituzionale sulla legittimità di una legge approvata dalla maggioranza, prima che questa venga promulgata dal presidente della Repubblica. Ecco una cosa da copiare alla Francia! Un’altra mossa semplice sarebbe abbassare per le minoranze la soglia per chiedere una commissione d’inchiesta: lo suggeriva già Costantino Mortati. Poi, lo diciamo da anni, bisogna assolutamente sottrarre alle camere il potere esclusivo di decidere a maggioranza sul contenzioso elettorale. L’ultima parola sulla regolarità dell’elezione di un deputato o senatore va affidata a un organo esterno di garanzia, come la Corte Costituzionale. E infine andrebbero riviste al rialzo tutti i quorum di garanzia, per adattarli alle leggi elettorali con il premio di maggioranza. Il presidente della Repubblica andrebbe tutelato nel suo ruolo sopra le parti prevedendo sempre la maggioranza dei due terzi, e lo stesso articolo 138 dovrebbe essere rafforzato.

Non è quello che il governo propone al parlamento di fare con il disegno di legge che modifica le procedure di revisione costituzionale?
Devo dire che apprezzo l’intenzione di rendere sempre possibile il referendum confermativo, anche nel caso in cui le riforme dovessero essere approvata dalla maggioranza dei due terzi. E apprezzo anche che si prevedano in quel caso referendum distinti per materie omogenee. È questa l’unica ragione che può giustificare la scelta di procedere prima a una revisione dell’articolo 138, e poi entrare nel merito delle riforme. Scelta che altrimenti autorizza il sospetto di manovre dilatorie che hanno l’obiettivo nemmeno di allontanare la nuova legge elettorale.

Glielo chiedo per l’ultima volta allora. qualche preoccupazione le è rimasta, anche avendo accettato di far parte della commissione?
Senta, sono consapevole di essermi assunta dei rischi, e una fatica di cui farei volentieri a meno. Oltre le riforme di cui le ho parlato non sono disposta ad andare. In ogni caso sono totalmente contraria a cambiare la forma di governo. Detto questo, non sono sicura che rifiutare sempre sia la posizione più nobile. Spero di dimostrare con i fatti l’utilità della mia scelta. Ma se dovessi accorgermi di essere stata ingenua, di non riuscire in quel contesto a far valere le mie ragioni, allora potrò sempre dimettermi. Avendo così la possibilità di denunciare quello che bisognerà denunciare.