Nicolas Sarkozy contesta ferocemente le accuse, denuncia le “menzogne” dell’inchiesta e parla dell’”inferno della calunnia” che sta vivendo. Addirittura, arriva a dire di aver perso la presidenziale del 2012 (contro Hollande) a causa di quella che lui definisce la “polemica” sui finanziamenti illeciti venuti dalla Libia di Gheddafi per l’elezione del 2007 (ma la rivale di allora, Ségolène Royal, si chiede oggi se il risultato non sia stato falsato da questo contributo illecito). Dopo due giorni in stato di fermo, 25 ore di interrogatorio interrotte solo da una notte di riposo passata a casa propria, l’ex presidente della Repubblica è da mercoledi’ sera indagato per “corruzione passiva, finanziamenti illegale di campagna elettorale e ricettazione di appropriazione indebita di fondi pubblici libici”. Sarkozy è stato posto sotto controllo giudiziario dai tre giudici del polo finanziario: non puo’ avere contatti con vari protagonisti del caso e ha la proibizione di viaggiare in alcuni paesi.

Se le accuse verranno confermate e ci sarà un processo, Sarkozy rischia fino a 10 anni di carcere. Gli elementi dell’inchiesta, iniziata 5 anni fa in seguito a prime informazioni pubblicate dal sito Mediapart, rimanda a un vero e proprio affare di stato, il più grave della V Repubblica: un presidente della Repubblica si sarebbe fatto eleggere grazie a consistenti finanziamenti (un documento, convalidato dagli esperti, parla di 50 milioni di euro) da parte di uno stato straniero, diretto da un dittatore, Gheddafi, accusato di atti terroristici in Europa (il volo PanAm esploso in volo a Lockerbie nell’88, 270 morti), lui e i suoi avrebbero avuto contatti diretti con Abdallah Senussi, il cognato di Gheddafi, condannato in Francia nel ’92 per l’attentato al DC10 Uta nell’89 nei cieli del Niger. Una serie di personaggi, trafficoni di ogni genere (dai soldi alle armi) è coinvolto nell’inchiesta, a cominciare dal franco-libanese Ziad Takieddine, anche lui indagato, che ha ammesso di aver trasportato valige di soldi in tre viaggi dalla Libia a Parigi. Nella vicenda ci sono anche morti e feriti: è coinvolto Bechir Saleh, ex capo-gabinetto di Gheddafi, di recente gravemente ferito con un’arma da fuoco a Johannesburg, in Sudafrica, come un ex ministro libico del petrolio, Choukri Ghanem, che ha lasciato documenti che accusano Sarkozy, trovato morto nel 2012 annegato nel Danubio a Vienna, una morte “altamente sospetta” per la giustizia austriaca.

Gheddafi era stato ricevuto con tutti gli onori a Parigi all’inizio della presidenza Sarkozy, aveva persino potuto piantare la tenda nei giardini di Marigny, a due passi dall’Eliseo. Poi pochi anni dopo, la Francia, dopo essere stato il primo paese a riconoscere il Consiglio nazionale di transizione in Libia, è la più attiva per convincere gli alleati occidentali ad intervenire in Libia nel 2011. Gheddafi (e uno dei suoi figli) vengono uccisi. C’è una relazione tra gli anni di connivenza con Gheddafi e la decisione di liberarsi di un testimone scomodo con la guerra del 2011? La domanda è talmente enorme, da far tremare lo stato. Sarkozy contesta tutto. I suoi lo difendono, ma con sfumature diverse nell’impegno che vi mettono a schierarsi con l’ex presidente. Il circolo dei fedelissimi non demorde, ma la destra francese, già scossa dal crollo del candidato Fillon nel 2017, potrà difficilmente voltare pagina se le accuse contro Sarkozy verranno confermate. E già la candidata a una alleanza a destra si è fatta viva: Marine Le Pen ha messo in dubbio “l’imparzialità” del giudice che si occupa dell’inchiesta su Sarkozy.