Il decreto “Sblocca Italia”, come si sa, istituisce un regime di “manica larga” sulle valutazioni d’impatto ambientale delle «grandi opere» considerate di «interesse strategico», dalla Tav in Val di Susa sino alle nuove autostrade come la Napoli-Bari. Le ricadute, in tutte le regioni italiane, non riguarderanno, però, soltanto infrastrutture e trasporti. In Sardegna, ad esempio, la partita per limitare i possibili effetti devastanti del decreto voluto dal governo Renzi-Berlusconi e diventato legge il 12 settembre scorso toccherà soprattutto il settore della produzione di energia.

Per spiegare come e perché cominciamo dai fenicotteri rosa. I grandi uccelli acquatici sostano nei trecento ettari dello stagno di S’Ena Arrubia , sulla costa occidentale della Sardegna, a quindici chilometri a sud di Oristano, durante le migrazioni dall’Africa verso il sud della Francia. Insieme ai fenicotteri, se si è dotati di una buona macchina fotografica e di un po’ di pazienza, a S’Ena Arrubia è possibile fotografare altre specie rare di volatili come l’Airone rosso, il Martin pescatore, il Tabaruso. Lo stagno è un’area è di eccezionale interesse naturalistico, è protetta da diverse convenzioni internazionali per la salvaguardia del patrimonio ambientale. Un tempo era molto più vasta: 3.270 ettari.

Poi arrivarono le bonifiche mussoliniane, che in quest’angolo della Sardegna cominciarono nel 1937. In quello stesso anno fu fondata la cittadina di Arborea (oggi si chiama così, ma quando nacque, il suo nome era Mussolinia), che sorge poco più a sud di S’Ena Arrubia e che oggi conta non più di quattromila abitanti. Tutta la zona ha da sempre una forte vocazione agricola. Agricoltura di qualità, supportata dall’impiego di tecnologie avanzate e da un know how imprenditoriale di eccellenza. Qui contadini e aziende di trasformazione alimentare esportano all’estero e la crisi economica si sente molto meno che in altre parti della Sardegna, quelle, ad esempio, dove quarant’anni fa è stata fatta la scelta dei poli di sviluppo industriale (leggi petrolchimico) e che oggi sono tra le più devastate e tra le più povere dell’isola.

E però ora tutto rischia di cambiare. Il Moloch chimico ed energetico che s’è già divorato Sarroch e Porto Torres (due siti industriali a confronto dei quali persino i problemi dell’Ilva di Taranto sfumano nell’irrilevanza e dei quali fuori della Sardegna nessuno parla), ora volge il suo sguardo verso i campi di Arborea.

Nel 2009 la Saras, la società dei fratelli Gianmarco e Massimo Moratti che possiede e gestisce lo stabilimento di Sarroch, presenta alla Regione Sardegna il «Progetto Eleonora» (lo hanno chiamato così da Eleonora d’Arborea, l’ultimo sovrano di uno stato sardo indipendente). Il piano dei Moratti prevede la trivellazione di una vasta area intorno ad Arborea alla ricerca di giacimenti di gas naturale, una delle nuove frontiere del business della produzione di energia. Il ritornello che viene suonato dai press agent dei Moratti è quello di sempre: la creazione di nuovi posti di lavoro, l’ingresso trionfale di un’area rurale dentro il grande flusso progressivo della modernità. Stavolta, però, diversamente da quanto, in tantissimi casi, in Sardegna è accaduto in passato, le donne e gli uomini di Arborea dicono «no». Nasce un movimento contro il «Progetto Eleonora» che coinvolge l’intero paese e che riesce a stabilire rapporti e alleanze anche fuori del territorio della ex Mussolinia.

La lotta contro il piano della Saras si salda con un ampio fronte che, in tutte le parti dell’isola, contrasta un disegno complessivo di trasformazione della regione in una grande piattaforma di produzione di energia attraverso impianti che bruciano biomasse, enormi parchi fotovoltaici, scavo di pozzi terrestri e marini alla ricerca di gas e di petrolio. Battaglie sostenute da movimenti articolati sul territorio che sono cresciuti in numero e in capacità di fare opinione e di incidere sulle scelte politiche e istituzionali. Tanto è vero il 18 settembre scorso la Regione Sardegna ha stoppato il «Progetto Eleonora» perché in contrasto con il Piano del paesaggio regionale e con diversi atti di pianificazione del comune di Arborea. Una vittoria dei movimenti contro i Moratti. Ma non definitiva. Perché? Perché a mantenere vive le speranze dei proprietari della Saras e di tanti altri gruppi industriali che in Sardegna hanno progettato di investire in estrazione di materie prime e in produzione di energia c’è la legge “Sblocca Italia”, approvata in via definitiva il 12 settembre.

L’articolo della legge che potrebbe reintrodurre dalla finestra ciò che è stato cacciato dalla porta e il numero 38, che, in caso di «progetti d’interesse nazionale primario e strategico», prevede di trasferire dalla competenza regionale a quella nazionale la Valutazione d’impatto ambientale sulle «attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale». Con la conseguenza di espropriare di fatto, su questi punti specifici, tutte le regioni della possibilità di decidere in materia di tutela ambientale.

Nel caso di Arborea, se il governo Renzi-Berlusconi dovesse inserire il «Progetto Eleonora» tra quelli che rientrano nella fattispecie dell’articolo 38, a decidere, in ultima istanza, sarebbe il ministero dell’Ambiente e il «no» della Sardegna al piano dei Moratti potrebbe trasformarsi in un «sì». La giunta regionale sarda ha già annunciato che resisterà allo scippo sollevando un conflitto di competenza istituzionale con lo Stato (il titolo V della Costituzione conferisce alle regioni a statuto speciale com’è la Sardegna competenza primaria in materia ambientale).

Tanto più che nella legge “Sblocca Italia” non c’è soltanto l’articolo 38; ci sono anche gli articoli 33, sulle bonifiche delle aree di rilevante interesse nazionale, e 35, sulle misure urgenti per il recupero di energia dai rifiuti urbani e speciali. Anche in questi casi, la legge sposta competenze dalle regioni allo Stato e alleggerisce le norme di tutela ambientale e della salute, con la conseguenza di rendere più difficili le bonifiche e più facile costruire impianti inquinanti di smaltimento dei rifiuti (inceneritori).

La partita è aperta, e non soltanto in Sardegna. Nell’isola, conterà la determinazione dei movimenti, ma anche ma la volontà, da parte della maggioranza di centrosinistra che governa la regione, di fornire ai comitati spontanei sorti nei territori un coerente sostegno politico e una solida sponda istituzionale.