La storia si svolge non solo nel tempo, ma anche nello spazio. È quanto scrive lo storico tedesco Karl Schlogel nel suo prezioso libro Leggere il tempo nello spazio. Saggi di storia e geopolitica. L’artista svizzero Marco Poloni sembra seguire le sue indicazioni perché nelle sue mostre, che compone assemblando materiali d’archivio, documenti, immagini e film, indaga i processi storici e le loro ripercussioni in termini spaziali, estetici e relazionali.

Codename: Osvaldo è l’ultima tappa della trilogia The Analogue Island Bureau, piattaforma di studio dedicata all’analisi di fatti accaduti nell’area del Mediterraneo, in cui sono indagati eventi storici liminali verificatisi in due isole (la Sicilia e la Sardegna): luoghi dove, grazie alla loro autonomia e distanza dal continente, si sviluppano situazioni utopiche e/o distopiche, con una particolare attenzione al rapporto tra emersione e invisibilità, ideologia e soggettività, atti individuali e collettivi.

Quest’ultimo appuntamento, dopo quello dedicato a Ettore Maiorana e alla Sicilia, ospitato al Centro culturale svizzero di Parigi, visitabile fino al 10 luglio, è dedicato alla protesta nonviolenta di Pratobello, avvenuta nel 1969, quando un gruppo di pastori di Orgosolo ha impedito che i loro pascoli fossero trasformati in poligono di tiro e di addestramento dell’esercito italiano. Rivolta di cui rimane testimonianza in una serie di murales presenti in città su diversi edifici, tra cui l’ex-municipio, manifestazione che suscitò l’entusiasmo di numerosi intellettuali di sinistra. Tra questi Giangiacomo Feltrinelli, presente in Sardegna perché in contatto con gli ambienti della sinistra e dell’indipendentismo, e interessato a trasformare la Sardegna in una Cuba del Mediterraneo sulle orme dell’esperienza di Che Guevara e Fidel Castro.

Questi gli eventi storici da cui si sviluppa la mostra, una costellazione morfologica di indizi che dall’indipendentismo isolano si diramano ad Amburgo, dove al Consolato Generale di Bolivia il 1° aprile 1971 venne ucciso il Console Generale Quintanilla, ex capo della polizia segreta boliviana, responsabile della morte di Che Guevara, Inti Peredo e di tanti oppositori del regime, per mano di Monika Ertl, la figlia prediletta di Hans Ertl, direttore della fotografia di Olympia, il controverso film di Leni Riefenstahl del 1938. La pistola utilizzata dalla Ertl era stata acquistata da Giangiacomo Feltrinelli a Milano. È probabile che Feltrinelli abbia dato l’arma alla Ertl su una barca ormeggiata in un porto della Costa Azzurra o a Zurigo nei primi mesi del 1971, come sostengono alcuni rapporti di polizia redatti dalla Polizia Cantonale di Zurigo, consultati dall’artista.

In mostra vi sono fotografie e documenti riguardanti Quintanilla, found footage film su Monika Ertl, libri, fanzine e registrazioni di The Orgosolo Laboratory Project, workshop e sessioni di incontro, ideate da Poloni e dal curatore svizzero Noah Stolz, svoltosi a Orgosolo, prima e durante la realizzazione del film Una Cuba mediterranea, girato dallo stesso Poloni. Il laboratorio ha unito gli attori (Laura Pizzirani, Alessandra Roca e Fausto Siddi), la popolazione locale e coloro che hanno vissuto le contestazioni di Pratobello, in incontri che hanno permesso di raccogliere testimonianze dirette e materiali d’archivio, come quelle su Francesco del Casino, artista senese che trasferitosi a Orgosolo nel 1975 dà avvio all’esperienza dei murales.

Con la sua ricerca Marco Poloni (classe 1972) sceglie di attivare, come lo straordinario scrittore W. G. Sebald, una narrazione che crea simultaneità e accessi critici in grado di collegare l’ambito estetico e quello etico, tempo e spazio, storia e geografia, realtà e finzione.
«Il film Una Cuba mediterranea segue tre personaggi di fiction – precisa Poloni – la filmmaker Antonia, l’antropologa Eleonora e il loro amico e guida sardo Giuliano, durante un viaggio in Sardegna, finalizzato a raccogliere appunti visivi per realizzare un documentario sul tentativo fallito dell’editore Giangiacomo Feltrinelli di trasformare l’isola, alla fine degli anni Sessanta, in un laboratorio politico».

La rassegna Codename: Osvaldo (Osvaldo era il soprannome di Feltrinelli) è un dispositivo rizomatico che raccoglie storie, riflessioni e esplorazioni che sono, a loro volta, abbozzi, tentativi, esercizi, in cui lo spazio diventa il prodotto di una traduzione, di una trasformazione e di un’esperienza.