Il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas ha una visione tutta sua degli assetti istituzionali della Repubblica. Pensa che lo statuto speciale riconosciuto all’isola dalla Costituzione consenta alla maggioranza sardo-leghista di violare impunemente norme e princìpi stabiliti dalla Carta. Tocca alla Corte costituzionale richiamarlo al rispetto delle regole del gioco ricordandogli che nel campo della pianificazione urbanistica e della tutela del paesaggio le regioni, comprese quelle ad autonomia speciale, non possono legiferare da sole. Devono decidere insieme con il governo nazionale, perché, a parte l’articolo 9 della Costituzione che dice che «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», l’articolo 117, dopo avere stabilito al primo comma che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione», al secondo comma aggiunge che tra le materie sulle quali lo Stato ha «legislazione esclusiva» c’è la tutela del paesaggio.

È SULLA BASE DI QUESTI princìpi che giovedì scorso la Consulta – accogliendo un ricorso presentato dal governo – ha dichiarato nulla una legge regionale del luglio 2020 che rendeva possibile, da parte della giunta Solinas, una riscrittura unilaterale (decisa dal governatore senza alcun coinvolgimento del governo) del Piano paesaggistico regionale (Ppr) in vigore dal 2006. Una riscrittura che, avevano da subito denunciato gli ambientalisti, avrebbe portato, visto l’orientamento pro-cemento della maggioranza sardo-leghista, allo smantellamento del Ppr: cemento a tutto spiano.

La partita poi è anche più larga. Alla sentenza della Consulta, infatti, è legata l’impugnazione, sempre da parte del governo nazionale, di un’altra legge voluta da Solinas: il Piano casa approvato nel giugno di quest’anno (la Corte si pronuncerà a marzo). Anche in questo caso, appellandosi alla Corte costituzionale il governo ha fatto presente che l’intervento regionale è illegittimo perché deroga al Ppr che, in quanto legge di rango costituzionale, non è derogabile. Non solo: la maggioranza di centrodestra agisce, ancora una volta, sulla base di una scelta unilaterale, sottraendosi illegittimamente all’obbligo costituzionale di co-pianificazione con lo Stato.

INSOMMA, SOLINAS ci ha provato due volte a smantellare il Ppr. Il primo tentativo è fallito con la sentenza di giovedì. Al secondo toccherà molto probabilmente la stessa sorte. «La Corte costituzionale – commenta la segreteria nazionale del Wwf – ha bocciato un’iniziativa della giunta sarda che, con l’alibi dell’autonomia, continua a proporre modelli di sviluppo obsoleti basati su cemento e deroghe ai principi costituzionali di tutela del paesaggio e dell’ambiente. La norma cancellata dalla Consulta allargava in maniera illegittima le maglie dei vincoli urbanistici e paesaggistici stabiliti dal Piano paesaggistico regionale, consentendo edificazioni a pioggia e incrementi volumetrici indiscriminati, minacciando il territorio e le prospettive di uno sviluppo sostenibile».

«È L’ENNESIMA bocciatura dell’idea di devastazione dell’ambiente – dice Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari e leader dell’opposizione in consiglio regionale -. Il presidente e la giunta in due anni e mezzo di governo hanno tentato più volte, con norme illegittime, di distruggere e di cementificare coste e campagne senza un’idea di sviluppo della Sardegna». «La scusa adottata, poi, è sempre quella – aggiunge Zedda – di un governo nazionale che sarebbe ostile all’autonomia regionale della Sardegna: non il mancato rispetto delle regole da parte loro, non l’incapacità ampiamente dimostrata. In un momento in cui servirebbero progetti di ampio respiro, incentrati sullo sviluppo a partire dalla tutela dell’ambiente, l’isola ha il fiato corto a causa di un governatore e di una giunta che non pensano al futuro dei sardi, ma solo al proprio tornaconto elettorale».