L’avvio, alle 19, è lo stesso per tutti, nella Sala Grande del Teatro Grande, splendido esempio di teatro all’italiana. Come apertura un «Tribute to Julius Hemphill», inizio tutt’altro che banale sia per il dedicatario che per la compagine protagonista, l’Orchestra Creativa dell’Emilia Romagna, e per chi l’ha diretta, Marty Ehrlich. Noto soprattutto come membro fondatore del fortunato World Saxophone Quartet, Hemphill, morto prematuramente nel ’95, è stato un grande maestro: non solo nel senso delle sue virtù di sassofonista e compositore, ma anche, più letteralmente, per gli insegnamenti che ha impartito e l’influenza che ha esercitato su molti, fra cui figure come David Sanborn, Tim Berne e appunto Marty Ehrlich, musicisti di vaglia e specialisti del sax alto. Nell’Orchestra Creativa Ehrich ha trovato una formazione qualificata (ci limitiamo a citare Fabrizio Puglisi al piano, Edoardo Marraffa e Achille Succi alle ance, Vincenzo Vasi al theremin e all’elettronica) e duttile, capace di immedesimarsi in brani che vanno dall’eleganza ellingtoniana di At Dr. King Table, dedicato a Martin Luther King e nato da una collaborazione con il coreografo Bill T. Jones, ad atmosfere inquiete di sapore classico-novecentesco, ad un’impronta funky o rhythm’n’blues, come in The Hard Blues, sigla di chiusura del sestetto di Hemphill.

DOPO QUESTO primo set il pubblico si è diviso, seguendo uno fra tre diversi percorsi, che lo hanno condotto in altri tre spazi del teatro; e negli intervalli fra un set e l’altro è potuto anche tornare nella Sala Grande, per altra musica, per esempio con esibizioni dal palco reale: è la godibile formula della «Grande notte del jazz», arrivata ormai alla sesta edizione. Noi abbiamo scelto il percorso «Fire». La contrabbassista Joelle Léandre e la sassofonista Alexandra Grimal si sono esibite nello scenografico ridotto del teatro: francesi, settantunenne Léandre, assai più giovane Grimal ma all’altezza della partner. Virtuosa dello strumento, improvvisatrice dotata di un fantastico senso anche teatrale della performance, Léandre è da decenni in prima linea in una free music europea che non ha lasciato indifferente l’avanguardia d’oltre Atlantico: in giugno, in apertura della 27esima edizione, un festival di riferimento come il newyorkese Vision le conferirà il suo Lifetime Achievement Award.

POI IN CIMA al teatro, nel sottotetto del Salone delle Scenografie, set di Ghost Horse, con Dan Kinzelman, Filippo Vignato, Glauco Benedetti, Gabrio Baldacci, Joe Rehmer, Stefano Tamborrino: riff della ritmica, fiati abrasivi, espressionismo, brani che puntano non sull’interplay ma sulla creazione di un effetto, di atmosfere precise, e ogni pezzo ha una sua fisionomia e un suo perché. Quindi a mezzanotte l’elegante, delicato lirismo di Vincent Ségal, violoncello, e Tomàs Gubitsch, chitarra, col pubblico nel retroplaco e i musicisti con alle spalle lo scenario della Sala Grande. E per gli irriducibili, jam session finale all’una.