Sabato, 25 settembre, in occasione della decima edizione del festival scientifico Trieste Next (dal 24 al 26 settembre, tutti gli eventi in presenza e in streaming previa registrazione sul sito), Sahra Talamo, direttrice del Laboratorio di Radiocarbonio dell’Università di Bologna, discuterà delle relazioni intercorse tra Sapiens e Neanderthal. Con la ricercatrice, impegnata nel progetto europeo «Resolution», ideato per sviluppare set di dati al radiocarbonio che consentano di ottenere datazioni affidabili sugli eventi cruciali della preistoria continentale, anticipiamo le principali tematiche affrontate dall’incontro triestino.

Le cronologie di cui disponiamo sono accurate?
L’orologio del radiocarbonio ticchetta con le ore e i minuti. Vogliamo aggiungere la terza lancetta, quella dei secondi, in modo tale da risultare meticolosi anche quando andiamo indietro nel tempo di 42mila anni, il periodo sul quale bisogna concentrare gli studi: le evidenze paleogenetiche dicono che allora Sapiens e Neanderthal interagivano. Le date radiocarboniche non sono date calendario: per ottenerle dobbiamo calibrarle con un calendario indipendente chiamato curva di calibrazione. Per i primi 14mila anni la curva è molto precisa perché si basa sugli anelli di accrescimento degli alberi, che registrano anno per anno la quantità esatta di Carbonio 14 presente nell’atmosfera. Dopo i 14 e fino ai 55mila anni – età dopo la quale il 14C non può essere più misurato – la curva perde la sua precisione, proprio per la mancanza delle analisi sugli alberi fossili.

Qual è il margine di errore?
Intorno ai 42mila anni, di circa 1700. Troppi, se vogliamo indagare sui rapporti tra due umanità alla scoperta l’una dell’altra. Riportando questo tipo di imprecisione alla storia, potremmo credere di aver stretto la mano a Giulio Cesare. Per tale ragione, da due anni, stiamo studiando recenti ritrovamenti di alberi fossili allo scopo di perfezionare un metodo che alla curva del Carbonio 14 sovrappone quella del Berillio 10, identificabile tuttavia esclusivamente nelle carote di ghiaccio della Groenlandia. Oltretutto, grazie alla collaborazione dei fisici che lavorano con l’Ams – la macchina per le datazioni all’avanguardia – siamo riusciti a ottenere su 42mila anni un margine di errore di 296. Questo errore così piccolo è quello che ha dato accuratezza alla datazione dell’Homo Sapiens trovato in Bulgaria nella grotta di Bacho Kiro: con i suoi 46 mila anni, è finora il più vecchio d’Europa.

Per quanto tempo Neanderthal e Sapiens convissero?
Per un massimo di 7mila anni, prima che i Neanderthal scomparissero. Certo, allora dovevano essere comunque in crisi: noi uscivamo dall’Africa e loro erano in declino demografico. Resta il fatto che avessero popolato per più di 300 mila anni l’intera Europa, raggiungendo la Siberia attraverso l’Asia medio-orientale, finendo per eclissarsi proprio in coincidenza del nostro arrivo. Secondo alcuni studi si sarebbero estinti a causa dei cambiamenti climatici, stremati dalle forti radiazioni solari dovute all’inversione del campo magnetico terrestre.

Le due specie si sono incrociate?
Diverse sono le prove di accoppiamenti tra donne Sapiens e uomini Neanderthal, del contrario non abbiamo attestazioni. I paleogenetisti, per esempio, hanno trovato nel Sapiens di Bacho Kiro ampi tratti di Dna neanderthaliano, riuscendo a dimostrare che quest’uomo era nato da un accoppiamento tra una donna Sapiens e un Neanderthal avvenuto tra le cinque e le sette generazioni precedenti, cioè tra i 125 e i 175 anni prima. La maggiore percentuale di geni neanderthaliani – il 9% – è stata riscontrata su un Sapiens scoperto in Romania, il cui grado di parentela con l’antenato ibrido era sicuramente più prossimo.

Che si siano estinti o ibridati, quale fu l’ultima ridotta dei Neanderthal?
Ne abbiamo indiscutibile notizia fino a 39mila anni fa, anche se in Spagna qualche sito parrebbe successivo di duemila anni e, a Gibilterra, addirittura di settemila: qui, però, il radiocarbonio è stato applicato agli inizi degli anni ’90 quando non si era precisi come oggi. Stiamo procedendo a nuove analisi, presto potremo parlare di rivalutazioni scientifiche. Per il momento la Penisola Iberica rimane il territorio finale della loro epopea. Qualcuno, aggiungendo fantasia ai pregiudizi, ha sostenuto che i Sapiens non fossero in grado di attraversare il fiume Ebro in piena. Abbiamo tuttavia da poco scoperto che avevano raggiunto Lapa do Picareiro, in Portogallo, già 41 mila anni fa.

Che aspetto avevano i Neanderthal?
Erano scuri, non avevano i capelli rossi né tantomeno gli occhi azzurri, nonostante spesso li disegnino così. Si tratta di un falso mito dovuto all’errata interpretazione di un fossile rinvenuto al Riparo Mezzena, in provincia di Verona, dove nel 1957 furono identificati prima oggetti in pietra lavorati dai Neanderthal, poi una mandibola e frammenti di cranio, attribuiti per proprietà transitiva alla specie cui si riferivano le tracce materiali. Tra il 2006 e il 2013 un gruppo di ricercatori affermò che il Dna – con il fenotipo degli occhi azzurri e dei capelli rossi – era neanderthaliano, mentre per un’antropologa la mandibola era tipica di un Sapiens. Sembrava l’ibrido perfetto, finché non avemmo la possibilità di analizzare le ossa con il Max Planck Institute: il fossile risultò un uomo moderno del Neolitico. In seguito, anche i genetisti si corressero.