Cosa significheranno le sanzioni Usa-Ue e le contromisure russe, in termini economici e politici? Sul fronte delle perdite presunte, in Austria si prevede a breve un sensibile aumento della disoccupazione; mentre in Belgio il numero di disoccupati è già ora calcolato in oltre 3mila persone, con un danno stimato di 165 milioni di euro. In pericolo 10mila posti di lavoro in Finlandia, soprattutto nella sfera dei servizi.

La Confindustria olandese parla di una perdita presunta di 1,5 miliardi di euro e per la Lettonia il calcolo si aggira sui 55 milioni. Per gli esportatori di carne statunitensi, il mercato russo «ha grosse prospettive e gli Usa vorrebbero avere la possibilità di continuare a rifornirlo», dato che nel 2012 avevano esportato in Russia una quantità record di carne di manzo per oltre 300 milioni di dollari. Nel febbraio 2013 la Russia aveva limitato l’importazione di carne Usa, per la presenza di ractopamina; poi, nel marzo di quest’anno, il permesso era stato di nuovo accordato ad alcuni allevamenti suini e nel solo mese di giugno l’export Usa era stato di circa 35 milioni. Ma poi è venuto l’embargo.

Le sanzioni occidentali e le contromisure di embargo russe, insomma, vanno avanti, tant’è che Washington non cessa la ricerca di sempre nuovi Paesi da aggiungere alla cordata che si è assunta il compito di punire il Cremlino. Ora è il turno della Cina; al momento, disponibile, ma solo a parole. Ma il discorso vale anche per l’America Latina. In ogni caso, il Ministero degli esteri russo definisce semplicemente «goffi» i tentativi Ue di fare pressione su alcuni paesi, per convincerli a non aumentare l’offerta dei propri prodotti alla Russia, in sostituzione di quelli europei su cui Mosca ha decretato l’embargo. L’Unione europea «si attiene a considerazioni puramente commerciali e spera di mantenere così una nicchia per i prodotti vietati sul mercato russo. Bruxelles, non potendo compensare ai produttori europei perdite per miliardi di euro, si vede costretta a mostrare preoccupazione», ma lo fa in modo maldestro.

Da parte sua, la Russia «ha intenzione di ampliare le relazioni economico-commerciali con i paesi di Asia e America Latina e apprezza la loro reciproca volontà in materia». Al tempo stesso, secondo alcuni esperti europei, i piani Ue per ostacolare la sostituzione di prodotti europei con quelli sudamericani, sono destinati al fallimento, dato che Bruxelles non ha niente da offrire in cambio ai paesi dell’America Latina.

Da parte canadese, il governo ha iniziato la fornitura a Kiev di materiale bellico «non letale» – elmi e giubbetti antiproiettile – per 5 milioni di dollari, col pretesto di «non poter rimanere a guardare» mentre la Russia «appoggia le milizie». La dichiarazione di Ottawa è giunta dopo l’avvio dell’embargo russo, che potrebbe costare 500 milioni di dollari all’anno ai produttori canadesi di carne suina. Analisti locali ritengono tuttavia che la decisione governativa sulle forniture militari a Kiev rientri nel vero obiettivo occidentale, quello di smembrare la Russia in piccole semicolonie, per accaparrarsi le sue risorse naturali. Sul fronte opposto, invece, il governo bielorusso si è detto pronto ad aumentare, fino alla fine dell’anno, del 40% le proprie forniture alla Russia di prodotti ortofrutticoli, carni e insaccati, del 140% quelli caseari e del 200% le patate.

Lo scorso anno Minsk aveva venduto alla Russia prodotti per 4,5 miliardi di dollari. E anche Tazhikistan e Kirghizia intendono ora occupare posizioni di maggior peso sul mercato russo, sostituendo i paesi occidentali, per le forniture ortofrutticole e di carne. Discorso simile vale per la Serbia che, in quanto paese candidato all’ingresso in Ue, ha ricevuto da Bruxelles un «invito» a non inviare in Russia prodotti agricoli in sostituzione di quelli soggetti a embargo: invito rimandato al mittente. Secondo il sito russo Slon «i rapporti d’affari russo-argentini non erano mai stati tanto dinamici come nelle ultime settimane. Il giro d’affari tra i due paesi si era finora aggirato sui 2 miliardi annui e all’improvviso, in un solo giorno, ecco formarsi una torta di 18 miliardi» che possono spartirsi fornitori latinoamericani, ma anche bielorussi, kazaki.

Specificamente all’Argentina, la Russia chiede carne, latticini, insaccati, pesce, frutti. Il problema è un altro, si chiede Slon: «è in grado l’Argentina di far fronte così all’improvviso alle richieste russe aumentate in modo repentino e vertiginoso?»

Il tutto ha preso avvio con la crisi ucraina, il golpe filo occidentale, la resistenza antigovernativa nelle regioni del sudest del paese, le mire di espansione sempre più a est della Nato e il gioco europeo di allargamento dei propri confini. Anche se, su quest’ultimo punto, a differenza di quanto sbandierato a Kiev sul fatto che «l’Ucraina in cinque anni sarà pronta ad aderire all’Unione europea», molti notano che difficilmente il paese verrà ammesso nella Ue quale membro effettivo.

A questo proposito, secondo Foreign Affairs l’Occidente ha sbagliato i conti: «la crisi ucraina non si risolverà finché Usa e Ue non riconosceranno che l’Ucraina deve rimanere neutrale»; solo un simile status può contribuire alla stabilizzazione europea e alla regolazione dei rapporti tra Russia e Occidente. Uno dei problemi chiave è la corsa all’allargamento della Nato e la volontà occidentale di sottrarre l’Ucraina alla sfera di influenza russa. Gli Usa, scrive Foreign Affairs, invece di tener conto delle reali condizioni geopolitiche, degli interessi della Russia nella regione e che la posizione di Mosca sulla questione ucraina è dettata da una legittima preoccupazione per la propria sicurezza, sono concentrati sul proprio desiderio di fare dell’Ucraina un paese filo-occidentale.

Fa eco il politologo Paul Craig Roberts: «gli Stati Uniti non si occupano di diplomazia, bensì di corruzione, minacce, coercizione; essi si ritengono predestinati a prevalere sugli interessi degli altri paesi e quindi il compromesso non rientra nei loro disegni». A parere di Roberts, la Russia «sopravvaluta le possibilità di accordi diplomatici con l’Occidente: è impossibile fare affidamento sulla diplomazia e la buona volontà, quando l’Occidente si basa sulla violenza». Contare sulla coscienza dell’Europa, significa basarsi su qualcosa che non c’è: basta ricordare come abbia appoggiato i bombardamenti americani in Afghanistan, Iraq, Libia, Somalia, Pakistan e Yemen. L’unica strada, a parere di Roberts, è un ultimatum categorico russo, che potrebbe essere rappresentato da una minaccia di intervento in Ucraina. Egli invita inoltre la Russia a trattative separate con i leader di Francia e Germania, minacciando ulteriori sanzioni sull’approvvigionamento energetico, ma tentando di convincerli su quanto sia più vantaggiosa una politica estera indipendente. È questa la strada che sta seguendo Mosca?